Ha deciso di sostenere la campagna a favore della legge sullo ius soli, come altre decine di politici, intellettuali e artisti, ma viene subissato di insulti sul web. Paolo Fresu, noto jazzista di fama internazionale, ha sposato la causa per il riconoscimento della cittadinanza a bambini figli di genitori stranieri, nati in Italia o giunti qui da piccoli e che hanno frequentato le scuole in Italia. Ma questo sua scelta non è piaciuta ai tanti odiatori del web che l’hanno seppellito di insulti. Il musicista ha dunque pubblicato una sua immagine e a fianco un link nel quale riporta una selezione di post d’odio, chiamandolo “TOP POSTINSULTIUSOLI” e l’esortazione a “votare” per il preferito. Segue elenco di brevi commenti, corredato di foto con nomi e cognomi, a cui il jazzista ha assegnato un aggettivo. E allora ci sono i post “delicati” e “ironici”, tipo “non ti sciupare troppo” oppure “è già magro e vuole dimagrire ancora”. Ma ci sono anche interventi più violenti tipo “si mangiasse la tromba”, magari fino a “che si strozzi con quella tromba”. E, consueta sequela di parolacce e volgarità, insieme a, immancabile, l’istigazione al suicidio: “ma perché non ti ammazzi?”.
L’artista ha deciso comunque di rispondere anche a chi offende e minaccia: “Il nostro digiuno – scrive Fresu -, agli occhi di alcuni, potrebbe risultare una retorica dell’ossimoro ma non dimentico di essere padre di un bimbo che frequenta la scuola pubblica e nella cui classe il 30% dei compagni figli di cittadini non comunitari non gode dei suoi stessi diritti. I 900 insegnati che hanno generato questo movimento hanno digiunato per primi, nonostante fossero al lavoro, offrendo a noi un grande esempio di civiltà, coerenza e determinazione”, scrive facendo riferimento alla campagna partita pèroprio da un gruppo di insegnanti tra cui Eraldo Affinati e Franco Lorenzoni, scrittori oltreché insegnanti.
“Tuttavia – continua Fresu -, pur provando a comprendere il pensiero sull’anti-politica ormai radicato nel nostro Paese – dove mai si dovrebbe confondere il colore politico con quello della pelle umana – trovo molti dei toni e alcuni contenuti dei messaggi postati sui social segno di un razzismo e di una xenofobia che oggi mi fa vergognare di essere sardo. Popolo che, per antonomasia, è stato da sempre aperto in quanto depositario di una storia antica che ha reso la Sardegna ponte tra l’Africa e l’Europa nonché luogo aperto ed ospitale”.