Era il 1966 e un grave incidente motociclistico ha chiuso il periodo ”eroico”. Dylan fu ricoverato per mesi in un ospedale, perché nella caduta aveva riportato la frattura di una vertebra cervicale.
I suoi detrattori non accettarono l’idea dell’incidente, e iniziò una ridda di voci su quanto era successo.
Chi sosteneva che Dylan fosse in clinica, a disintossicarsi, chi riteneva che nella caduta fosse rimasto paralizzato, o sfigurato.
Dylan ritornò in pubblico nel gennaio del 1968. Da allora si e’ dedicato con costanza alla demolizione del suo personaggio pubblico, con sconcertanti cambiamenti, compresa la conversione religiosa, lui che e’ di origini ebraiche, segnata dalla militanza nella sette dei ”Born Again Christians”, i ”cristiani rinati”.
In fondo e’ come se Robert Zimmerman cercasse di liberarsi dell’ombra di Bob Dylan: la sua ritrosia a concedere interviste, il suo atteggiamento costantemente evasivo.
Sia come sia, Bob Dylan in 30 anni di carriera ha segnato una rivoluzione, e’ stato probabilmente l’artista che ha avvicinato meglio di ogni altro la canzone all’utopia della poesia. Non a caso di lui Bruce Springsteen ha detto: ”senza di lui molti di noi non sarebbero esistiti”.