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BJM, danza, gioia e bellezza a Ferrara

Al teatro comunale di Ferrara va in scena lo spettacolo proposto dal Ballets Jazz de Montreal. Ecco l'intervista al direttore artistico Louis Robitaille

BJM, danza, gioia e bellezza a Ferrara
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15 Febbraio 2015 - 17.34


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di Chiara D’Ambros

Questa sera, domenica 15 Febbraio, il Teatro comunale di Ferrara ospita lo uno spettacolo concepito a trittico: ZERO IN ON / KOSMOS / HARRY in prima nazionale. Spettacolo proposto dal Ballets Jazz de Montreal, storia compagnia che dalla nascita, dal 1972, gode di fama internazionale. Tre coreografi molto differenti tra loro hanno realizzato i 3 pezzi che costituiscono questo spettacolo, sotto la stretta supervisione del direttore artistico della compagnia, Louis Robitaille. Lui stesso ha spiegato: “Lavoro a stretto contatto con i coreografi perché è necessario che le creazioni siano in sintonia ed esprimano la personalità di BJM, che è energica, luminosa, qualcosa di bello, che non ha nulla a che fare con qualcosa di inaccessibile, buio o cupo. Bjm è soprattutto gioia e bellezza”.

Qui l’intervista completa al direttore artistico Louis Robitaille della compagnia BJM.

Come mai ha deciso di presentare tre pezzi così differenti in uno stesso spettacolo?

Innanzi tutto verrei dire che siamo molto felici di essere a Ferrara. Il programma si basa sulla diversità quindi ecco spiegata la varietà proposta. Lo spettacolo è concepito in due parti. Nella prima, vanno in scena il primo e il secondo pezzo, nella seconda il terzo. Il primo pezzo Zero in on è del coreografo spagnolo Cayetano Soto, con la musica di Philip Glass. Sono 7 minuti di duetto molto atletici, che mostra l’abilità di questa coppia di danzatori che possono affrontare qualsiasi tipo di danza. È un qualcosa di astratto ma molto preciso, come la tecnica del balletto richiede, è molto rigoroso e molto difficile da realizzare. È una sorta di incontro tra il balletto classico e le dinamiche di movimento contemporanee. Nel secondo pezzo, Kosmos, del coreografo greco Andonis Foniadakis c’è una grandissima energia e la musica è originale, è stata scritta ad hoc. L’ispirazione di questo pezzo è derivata dall’osservazione dei movimenti nelle grandi città durante le ore di punta. Quindi l’energia è davvero dura e molto alta. È un pezzo molto richiedente nei confronti dei danzatori. Nasce da una fusione di movimenti del balletto e un qualcosa che sembra danza africana, sono infatti presenti molte percussioni nella musica. Kosmos è come uno shock di energia che irrompe nello spazio. È qualcosa che da spettatore di fa saltare sulla sedia, balzare in piedi “sulla punta dei piedi”.

E il terzo pezzo?

Il titolo è Harry e sarà nella seconda parte dello spettacolo, la coreografia è di Barak Marshall. È uno pezzo totalmente differente dai precedenti. È un pezzo di teatro-danza, quindi i ballerini si trovano non solo a eseguire una coreografia ma anche a interpretare dei personaggi, e anche a dire delle battute. Harry è un pezzo molto attuale, a dire il vero, perché tratta il tema del conflitto, con se stessi, con le persone attorno, con la comunità, con il mondo. Questo povero Harry tenta di trovare l’amore ma incontra continuamente ostacoli. È come un viaggio, come un viaggio della vita quindi nulla è semplice ma sebbene sia un argomento molto serio c’è anche molto umorismo.

Come mai questa scelta di proporre tre lavori cosi differenti in uno stesso spettacolo?

È una dinamica su cui stiamo lavorando da un po’ ora e la ragione è di portare una varietà nella performance, portare diverse emozioni, suscitare differenti sensazioni in chi guarda. Al momento mi piace sperimentare e proporre la varietà e poter mostrare e far vivere i differenti talenti, le differenti esuberanze e colori degli artisti della compagnia.
La danza permette di comunicare emozioni e storie usando il linguaggio del corpo quindi permette di andare oltre i limiti del linguaggio verbale, delle parole. Nella sua esperienza e in questa esperienza in particolare cosa secondo lei il linguaggio del corpo riesce a dire che le parole non possono esprimere?
Dico spesso che la danza non conosce barriere linguistiche. Con BJM, il Ballet Jass of Montreal, viaggiamo molto in tutto il mondo, proprio perché la danza è un’arte internazionale, le emozioni passano attraverso i movimenti. Emozioni, sensazioni, ambienti, colori tutto viene espresso attraverso il movimento e tutti possono quindi comprendere, capire. La danza è come la musica, è una lingua internazionale.

La danza quindi è un linguaggio universale ma il pubblico risponde in modi differenti a questo spettacolo a seconda del Paese dove viene presentato?

Si. Ho notato che le persone reagiscono più o meno nello stesso modo ma si possono notare reazioni differenti a seconda della diversa cultura. Per esempio in Nord America le persone sono molto spontanee, reagiscono immediatamente, mentre in altri paesi le persone sono più quiete e aspettano la fine del pezzo o addirittura la fine dell’intero spettacolo per mostrare una qualsiasi reazione. A volte le persone ridono a volte no, e in momenti diversi. Ci sono delle differenze a seconda delle culture ma la risposta è sempre molto calda.

BJM è un “corpo di ballo”. Dal suo punto di vista qual è la potenza di raccontare una storia o trasmettere emozioni attraverso molti corpi, attraverso una collettività di corpi, attraverso un corpo costituito da tanti corpi?

Questa è una domanda molto interessante. Quello che trovo nella nostra compagnia è che ciascun artista ha una personalità molto forte, un grande talento ma anche una personalità molto forte. Ciò che trovo davvero importante, bello e degno di nota è vedere che ciascun componente della compagnia può danzare da solo ma anche essere parte di un gruppo in modo molto armonico. Questa trovo sia una delle grandi qualità della nostra compagnia. È un po’ come in una società evoluta, dove ognuno può agire per se stesso ma allo stesso tempo per la collettività. È una modalità molto presente in BJM ed è molto interessante da notare.

Come lavora con i danzatori, lei che pure è ed è stato un danzatore?

Quello che ricerco costantemente e innanzitutto è il concentrare tutta l’energia su quello che si deve fare e che si sta facendo, quindi sul sapere perfettamente quello che si deve fare. Un danzatore è come un cantante che deve sapere ogni parola e la musica o come un attore che deve sapere perfettamente il testo a memoria, senza doverci pensare. Così quando un danzatore conosce perfettamente la sua partitura fisica, il materiale su cui sta lavorando e sa eseguirlo senza pensarci, questo diventa naturale, diventa come una seconda natura. Da quel punto in poi ciò che più conta è l’essere umano, è il danzatore ma anche il personaggio, la personalità che si può manifestare sul palcoscenico. È fondamentale che ognuno si senta libero di esprimere se stesso, il proprio talento al meglio e allo stesso tempo, come dicevo poco fa, che senta e cerchi la coesione con il gruppo. Questo necessita di molte ore di prove, innanzitutto per il lavoro sulla coreografia, dopo di ché, si affrontano i vari differenti livelli di interpretazione, si lavora sulle sfumature, sul ritmo etc. Quindi si lavora innanzitutto sulla base, sul porre delle solide radici e poi sui livelli via via superiori.

Quali sono i vostri programmi futuri?

Questa è la nostra ultima data in Europa, lunedì torneremo a Montreal per finire un nuovo pezzo e poi proseguire con questo trittico e con il nuovo lavoro la tournèe che prevede date negli Stati Uniti, in Messico e in Canada, fino a maggio 2015.

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