di Giuseppe Cassarà
L’associazione UECI (Unione Esercenti Cinematografi Italiani) ha scritto una lettera al Ministro Dario Franceschini per cercare un confronto sul tema delle chiusure dei cinema, per effetto del Dpcm.
Manuele Ilari, presidente Ueci, ribadisce che “come cittadino, sono consapevole della gravità dell’emergenza e non mi metto certo a contestare i dati della pandemia. Ma come imprenditori del mondo dello spettacolo abbiamo bisogno di certezze”.
Dottor Ilari, il Ministro è stato piuttosto lapidario: ha detto che chi contesta la chiusura non ha capito la gravità della situazione. Lei nella lettera però afferma il contrario.
Questo punto deve essere chiaro: sappiamo benissimo che è un virus pericoloso e la priorità deve essere la sicurezza delle persone. Ma come imprenditori, contestiamo un provvedimento che è andato a punire dei luoghi sicuri, dove non si è mai registrato nemmeno un contagio: nei cinema erano garantiti ingressi separati, sanificatori, distanziamento e il pubblico non parlava durante le proiezioni. Questo non è vero per tantissime altre realtà, che però non sono state chiuse.
Per esempio?
I musei, per dirne una, oppure vediamo in televisione posti con la platea piena, come il Maurizio Costanzo Show su cui c’è stata una polemica in questi giorni. Quello è un teatro, a quanto mi risulta. Sarà anche attrezzato, ma lo eravamo anche noi, solo che noi abbiamo chiuso, altri no. Tutti abbiamo gli stessi diritti, ma mi pare che alcune realtà siano più privilegiate.
Nella lettera si parla di un pericolo concreto, ossia che alla riapertura (presunta) il 24 novembre, non ci siano titoli per andare in sale.
Esatto, ed è già successo con il primo lockdown. Ovviamente, è tutto fermo, tutti i set di tutto il mondo, manca proprio il prodotto. L’unica opzione che ci rimane è fare rassegne, mandare in sala vecchi titoli. Ma qui sorge il problema delle piattaforme streaming, che hanno i diritti su tantissimi titoli. I film scompaiono, non ci sono più e a queste condizioni moltissime sale non saranno in condizioni di riaprire.
Cosa chiedete al Ministro?
Certezze. Noi siamo disposti a seguire le regole, ma non vogliamo chiudere. Chiediamo un regolamento dell’intera filiera, che si adegui anche alle altre realtà europee. Non è normale che no siamo un mercato normato, servono delle regole che impongano che il prodotto cinematografico deve prima uscire al cinema e solo in un secondo momento in televisione e sulle piattaforme. Vanno regolamentate le finestre di sfruttamento delle opere audiovisive, è il momento che il prodotto cinematografico italiano, che è un’eccellenza mondiale, venga riconosciuto come parte di un mercato.
Di seguito il testo della lettera:
Onorevole Ministro Franceschini,
Condividiamo come cittadini di questo paese, insieme ai nostri connazionali, la sua valutazione sulla gravità dell’epidemia che ha travolto l’Italia e il resto del mondo, senza voler entrare nel merito della chiusura dei Cinema e dei Teatri, assunta in modo unilaterale non tenendo in considerazione il senso di responsabilità e l’approccio virtuoso degli esercenti a tutela della salute pubblica.
In virtù dell’onestà imprenditoriale nei confronti di quell’industria culturale che è il vanto italiano nel mondo e per correttezza nei confronti degli operatori del settore che meritano la massima tutela, chiediamo il suo intervento urgente per bloccare una mercificazione senza controllo dei film la cui uscita era destinata alle sale e che invece è già annunciata nella programmazione dei palinsesti delle piattaforme, partendo da quelli che hanno beneficiato dei fondi pubblici e che oggi richiedono i contributi di emergenza, maturando così un doppio vantaggio a discapito delle sale .
Come rappresentanti pubblici e quindi garanti dei diritti delle categorie che reggono il Paese, non potete esimervi da questa massiva iniziativa di tutela. Non solo questa azione ci sembra essenziale nell’eventualità di una riapertura come da DPCM al 24 novembre, che altrimenti non sarebbe possibile per mancanza di prodotto, ma la riteniamo assolutamente vitale nell’ottica della futura sopravvivenza delle sale italiane. Temiamo infatti, il ripetersi della situazione verificatasi quando, dopo il 15 Giugno, proprio per mancanza di film, la stragrande maggioranza dei cinema non è stata in grado di riaprire.
Ribadiamo la necessità di regolamentare il nostro mercato, comprese le finestre di sfruttamento, a salvaguardia dell’anello più colpito, più povero e più debole dell’intera filiera cinematografica, soprattutto in questo particolare momento storico, per far si che il nostro settore non sia più schiavo di dinamiche da Far West ma esaltato da un mercato finalmente normato e vigilato come accade in altre nazioni Europee. Sostenere e valorizzare il ruolo delle sale cinematografiche è contribuire alla crescita sociale, culturale e civile di questo paese e dei suoi cittadini, compiti primari delle Istituzioni.
Confidando in una comprensione delle ragioni esposte, le porgo i miei migliori saluti.