Dopo tanta gavetta, finalmente per Ugo Tognazzi, nel 1951, l’incontro fortunato con gli autori Giulio Scarnicci e Renzo Tarabusi e con Raimondo Vianello con il quale formerà una formidabile coppia comica che agirà in teatro, nel cinema e nella televisione.
Le riviste di Ugo Tognazzi, con Raimondo Vianello e con soubrette come Elena Giusti e Dorian Gray, scritte da Scarnicci e Tarabusi saranno cinque. E tutte di grande successo.
- Dove vai se il cavallo non ce l’hai con Elena Giusti
- Ciao fantasma con Elena Giusti
- Barbanera… bel tempo si spera con Elena Giusti
- Passo doppio con Dorian Gray
- Campione senza volere con Hélène Remy
Nell’Italia della ricostruzione, il cinema e il teatro leggero hanno un grande rilancio. Gli Italiani vogliono dimenticare, si gustano un presente liberato e pensano a divertirsi. E nel 1954 quella televisione di cui si è tanto favoleggiato, e che fino ad ora si è vista soltanto nei film americani, arriva anche in Italia e subito esplode come spettacolo di massa, nelle poche case che possono permettersela ma soprattutto nei bar, nei circoli e persino nei cinema, che se vogliono avere il loro pubblico devono aspettare che finisca il programma televisivo. Molti addirittura mettono i televisori in sala, per cui molti spettatori vanno al cinema per vedere la televisione che si sta affermando con divi come Mike Bongiorno, come Mario Riva. E con trasmissioni mitiche come Lascia o raddoppia e Il Musichiere.
Alla televisione approda anche Ugo Tognazzi, insieme a Raimondo Vianello, con il quale fa ormai coppia, e con i fidi autori Scarnicci e Tarabusi.
La loro trasmissione si chiama Un due tre e passerà alla storia della giovane televisione italiana, come la più divertente e la più spregiudicata.
La comicità di Tognazzi e Vianello, supportati da Scarnicci e Tarabusi, partiva dall’osservazione della realtà, mutuata dalle trasmissioni della televisione che costituiscono un patrimonio di conoscenze comune a tutti gli italiani. In un’epoca in cui la televisione non può rappresentare la realtà direttamente e tanto meno riderci sopra, Tognazzi e Vianello ridono della televisione, mettendo in ridicolo i messaggi e i personaggi che rappresenta. Ma questo può essere fatto fino a un certo punto, finché non si toccano i potenti o gli argomenti tabù. E infatti fu la censura a mettere la parola fine, dopo cinque anni di crescente successo, su Un due e tre per un fatto banalissimo. L’allora presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, al teatro San Carlo di Napoli quando dopo aver ascoltato l’inno nazionale andò a mettersi seduto non trovò la poltrona e cadde davanti a milioni di spettatori.
Il giorno dopo a Un due e tre, Tognazzi ripeté per scherzo la caduta e Vianello gli disse: ma che ti credi di essere? Un due tre fu immediatamente abolita.
Per capire che cosa successe alla coppia Tognazzi-Vianello, bisogna sapere che cosa era la televisione di quel tempo, con una censura ferrea e ottusa che considerava i telespettatori come bambini da tenere sotto tutela. Sono gli anni in cui si mettono i mutandoni alle ballerine perché, si dice, la televisione è uno spettacolo per famiglie, in cui tutto è proibito, anche certe parole innocenti come cazzotto (per la radicale), o come magnifica (per la desinenza).
Sul piano politico, poi, c’è un’adesione perfetta al governo e alle istituzioni, per cui lo scherzo dei due comici, che si riferiscono alla caduta dalla sedia, che gli italiani hanno visto in diretta, del Presidente della Repubblica, è semplicemente inammissibile. Perché riporta alla realtà che è bandita dai teleschermi, dove si possono raccontare soltanto favole e rappresentare mondi inesistenti.
Tognazzi non si preoccupò più di tanto dell’ostracismo che gli dette la televisione (casomai più tardi sarà la televisione a preoccuparsi per la sua assenza).
Dopo le prove del varietà teatrale, cinematografico e televisivo, sta maturando un nuovo Tognazzi. Dopo venti anni di gavetta su tutti i palcoscenici d’Italia e una cinquantina di film al suo attivo, arrivato alla soglia dei quarant’anni è palesemente stanco di indossare maschere farsesche e di proporre le parodie dei film di successo, relegato in un circuito minore. Ha voglia d’altro. E l’occasione per fare altro fu senza dubbio Il Federale, il film della svolta, il film che libera Ugo Tognazzi dal cinema macchietta e lo inserisce a pieno titolo nella grande commedia all’italiana.
Il Federale libera Ugo Tognazzi dal cinema farsesco e lo inserisce a pieno titolo nella grande commedia all’italiana di cui diviene poco dopo uno dei grandi protagonisti, accanto ad Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Nino Manfredi.
Da quel momento Tognazzi diventa l’attore preferito dei migliori registi anche perché è particolarmente efficace nel disegnare il personaggio del piccolo borghese arrampicatore sociale, del qualunquista protervo, del marito in crisi, del “mostro sociale”.
La storia è lunga e ricca di opere e di successi fino al 27 ottobre del 1990, quando Tognazzi muore, all’età di 68 anni.