“Si chiama “Ride” ma racconta un dramma che fa piangere ancora tante, troppe persone: quello degli incidenti sul lavoro, peggio, le morti bianche. Perché il lavoro serve per vivere ma a volte la vita la toglie. Valerio Mastandrea, per la prima volta regista di un cortometraggio, si cimenta con un tema complicato e doloroso, nel film che oggi debutta al Festival di Torino. “Ride” è la storia di una moglie che resta senza marito e di un figlio che resta senza padre: a lasciare questo duplice e tragico vuoto è il giovane operaio Mauro Secondari. Lascia la sua compagna Carolina, con un figlio di dieci anni. Ma Carolina non riesce a piangere e questo è il vero dramma: alla vigilia del funerale, non riesce ad essere la donna devastata dal dolore che tutti si aspetteranno di vedere, in una cerimonia che sarà piena di gente e di telecamere, perché una morte come questa almeno fa notizia. E poi c’è Renato, il papà di Mauro, operaio anche lui, distrutto dal senso di colpa per non essere riuscito a lottare per garantire a suo figlio e alle generazioni future un lavoro sicuro.
E in effetti -. come rivelano ogni anno i dati Inail – di lavoro si continua a morire e la cultura della sicurezza è ancora lontana dall’essere realizzata, nonostante le buone leggi e le ricorrenti mobilitazioni. “Ormai siamo abituati alle morti bianche come a quelle degli africani in un naufragio, sono simbolo dell’ipocrisia del mondo in cui viviamo. – spiega Valerio Mastandrea a ‘Coming Soon’ – Un personaggio nel film dice ‘si muore in guerra, non al lavoro’, il che è un’ottima sintesi della questione”.