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Sorrentino parla di Loro: "Non è un film politico ma di sentimenti"

Il regista a pochi giorni dall'uscita della seconda parte del film: "bisogna riuscire a comprendere il perché delle cose e dei comportamenti anche quando sono moralmente discutibili"

Sorrentino parla di Loro: "Non è un film politico ma di sentimenti"
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2 Maggio 2018 - 16.37


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Non è un film politico, nasce infatti come una storia d’amore e soprattutto parla di sentimenti. Ed è proprio sentimenti la parola più citata da Paolo Sorrentino parlando di Loro, il film diviso in due parti la cui seconda uscirà il 10 maggio prossimo.
“Non è un film schierato – ha detto il regista premio Oscar – né ideologico, sarebbe stato stupido farlo, non è né un attacco né una difesa. Non è un film solo su Silvio Berlusconi ma principalmente un racconto che parte da una storia d’amore, quella tra lui e Veronica Lario ed è da lì che Umberto Contarello (coautore della sceneggiatura) ed io, siamo partiti. Poi il film ha preso altre direzioni, ma quello ci sembrava il modo più efficace e inedito per raccontare persone di cui si è già letto, scritto e visto tanto”.
“Mi interessavano i sentimenti – ha aggiunto Sorrentino – che stanno dietro a un uomo politico come Berlusconi. Non è né un attacco a lui né una sua difesa. Anche la stessa Veronica è una donna che nasconde tutta una serie di domande. Volevo indagare i sentimenti dietro. Ci sono tante cose in Loro, c’è la paura della vecchiaia e della morte, miei temi da sempre, quasi una mia paranoia, ma lo spirito del film era quello di non parlare dei fatti storici, ma dei sentimenti che sono dietro ai fatti”.
Prima del politico – ha sottolineato Sorrentino – ho voluto raccontare quell’uomo che “è il risultato dei suoi sentimenti più che la somma biologica dei fatti, della sua coscienza, delle sue emozioni, delle sue delusioni e, soprattutto, delle sue paure. È in questo che risiede secondo me l’attualità di Loro. Il resto, i fatti raccontati, sono solo storici. I sentimenti delle persone restano invariati nei secoli e si sviluppano: in quel periodo storico che va dal 2006 al 2010 si sono sviluppati in maniera particolare, ma sono seguite solo delusioni”.
“Il mio sguardo – ha aggiunto il regista – è nel tono adoperato, quello della tenerezza. Non volevo puntare il dito contro nessuno, sarebbe stato presuntuoso. Bisogna riuscire a comprendere il perché delle cose e dei comportamenti anche quando sono moralmente discutibili”.
Guai a chiedergli, poi, delucidazioni sul chi sia chi nel film. “Il gioco delle figurine non mi è mai piaciuto, fa molto rotocalco d’antan e non ha senso farlo nella misura in cui nel film ci sono personaggi reali con i loro nomi gli altri non li hanno perché non sono quelli cui fanno riferimento”. Quindi basta dire che Kasia Smutniak sia l’Ape regina Sabina Began e che Fabrizio Bentivoglio sia l’ex ministro Sandro Bondi, perché “non si scherza sul fatto che persone siano chiamate in causa se non lo sono state”.
Di Loro ha parlato anche Toni Servillo, che in questa seconda parte racconta un Berlusconi in Sardegna alle prese con i soliti questuanti, con la voglia di tornare al governo comprando sei senatori, e con rumorose feste senza Bunga bunga.
“Ho avuto la fortuna di interpretare il Divo per Sorrentino – ha detto Servillo – e mettere a confronto così una figura come Andreotti con quella di Berlusconi. Il primo era un personaggio che ricorda gli imperatori romani. Un uomo che si muoveva nei palazzi della politica con introversione. Berlusconi è invece un Divo estroverso che si pone al centro della scena politica, che si fa personaggio da cinema. C’è in lui, in questo Eden sardo, distanza dagli spazi politici. Lui non pianifica, non organizza, ma aspetta solo il momento di tornare in campo”.

 

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