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Virzì: “Oggi possiamo parlare perché il fascismo ha perso”

Il regista toscano sul 25 aprile: “Mussolini fu subito violento, non fece cose buone. La dittatura è un’autobiografia degli italiani come hannno raccontato Fellini e Scola”

Virzì: “Oggi possiamo parlare perché il fascismo ha perso”
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Stefano Miliani Modifica articolo

24 Aprile 2018 - 15.04


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«Mussolini mostrò subito il volto violento. Chi dice che ha fatto cose buone non conosce la storia». Paolo Virzì, autore che si schiera esplicitamente e liberamente a sinistra senza dogmi, riflette sul 25 aprile, sul fascismo come ritratto degli italiani, sull’antifascismo. Nella sua filmografia ha sempre esplorato i caratteri del nostro paese: dall’esordio azzecatissimo della “Bella vita” nel 1994 a un film in fondo politico come “Il capitale umano” del 2014. Ultimi titoli del regista di origini livornesi sono “La pazza gioia” del 2016 ed “Ella & John – The Leisure Seeker” dell’anno scorso.

Virzì, qual è il valore del 25 aprile in giorni in cui un sindaco a Todi non associa il Comune alle manifestazioni dell’Anpi?

L’antifascismo è il valore fondativo della Repubblica. Non è solo la data della conclusione di una guerra tra italiani.

Chiudeva l’era del fascismo.

Che è stata una pagina terribile della nostra storia e allo stesso tempo la Liberazione è un mito fondativo: la nostra Repubblica nasce da quella che all’inizio era un minoranza virtuosa, i partigiani, ma che come sappiamo ha poi trovato il consenso crescente tra la popolazione.

E cos’è l’antifascismo?

Quello che chiamiamo antifascismo è una serie di valori sulla tolleranza e il fastidio per uno stile anche di vita, di uno sguardo sulla vita venuto da un ventennio di totalitarismo. Con Mussolini vigeva il culto della personalità, la partecipazione popolare era ridotta a un ruolo di acclamazione. Fu una risposta alla dittatura, all’oppressione del dissenso, a una mitologia dello stato italiano fatta di retorica, a idee che per la Costituzione sono dei disvalori.

A cosa pensa?

Al culto della virilità, per esempio, alla mitologia dell’impero romano. Elementi che con il 25 aprile sono stati spazzati via per iniziare una pagina nuova: la nostra democrazia. Ancora forse per tanti versi è incompiuta però il ventennio fascista fin da subito si manifestò, nonostante l’enorme consenso popolare, con la faccia truce e omicida. Quando sento dire che Mussolini ha fatto tante cose buone e ha sbagliato ad allearsi con Hitler la ritengo un’enormità.

A Firenze perfino un esponente di quartiere del Pd ha affermato che il duce in fondo aveva fatto qualcosa di buono.

Chi lo dice non conosce la Storia. Il fascismo si è subito affermato con il volto più violento, bastonando e uccidendo gli oppositori, massacrò di botte Gobetti, uccise Matteotti. Il volto autoritario si è manifestato subito con uno straordinario imbroglio ai danni dei più fragili e più deboli che ritenevano di aderire a un movimento con una natura anche sociale se non socialista poiché Mussolini veniva da una costola del socialismo.

Tutto questo si riflette nell’Italia di oggi?

Lo diceva Croce: il fascismo è l’autobiografia degli italiani. Ci sono elementi della nostra antropologia nazionale e sono lo specchio mostruoso dei nostri limiti. Autori cinematografici come Fellini o Scola hanno raccontato l’Italia di quegli anni. “Amarcord” è il più grande ritratto antropologico sul fascismo che è immaturità personale. è immaturità sessuale, incapacità di relazioni equilibrate tra maschi e femmine, è culto mitologico della personalità, è la retorica della violenza, ed è soprattutto una messa in scena ridicola. Alla quale un’intera generazione si è ribellata.

Una generazione di ragazzi.

L’antifascismo non è stato però solo il momento di quei ragazzi che sono andati a combattere in montagna, nelle Langhe, a Roma, in Toscana e in molti altri luoghi: è stato anche il gesto militare e rivoluzionario di cittadini che decisero di riscattare il proprio paese mettendoci del proprio. Città come Livorno, da dove vengo, sono state liberate prima ancora dell’arrivo della quinta armata degli Alleati: la brigata partigiana aveva alcune centinaia di partigiani però ricevettero un consenso progressivo e in poco tempo divampò questo sentimento. I partigiani sapevano di contare sull’appoggio del popolo.

Fu guerra civile?

Aveva ragione chi nel dibattito storico parlò di guerra civile. I partigiani erano una minoranza virtuosa, come raccontano scrittori come Fenoglio e Calvino, ma a determinare l’importanza fondativa di quel movimento, di quella guerra, fu lo straordinario appoggio di un paese che aveva tributato il plauso a un regime autoritario. Era un paese stremato dalla guerra.

Si devono celebrare i morti fascisti come i partigiani?

Per fortuna hanno vinto i partigiani: grazie a questa vittoria anche coloro contro cui hanno combattuto hanno diritto a esprimersi liberamente. Se vincevano i fascisti il contrario non era possibile. È importante sottolineare che l’antifascismo è stato anche un grande progetto culturale di stile, di vita. Da lì nasce la Repubblica, da lì nasce la democrazia di un paese civile e moderno dove è possibile la pluralità delle opinioni, dove non è ammessa la violenza non solo fisica ma neanche l’intolleranza per donne e omosessuali. Lì è nata una nuova civiltà che ci permette di discuterne: negare questi valori vuol dire negare la nostra civiltà e fare un passo indietro nelle barbarie in una stagione di oppressione tremenda. Ne possiamo parlare. Se vinceva il fascismo, non era possibile.

 
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