#MeToo in Italia: manifesto di 124 attrici e registe. Asia Argento: è solo una letterina | Giornale dello Spettacolo
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#MeToo in Italia: manifesto di 124 attrici e registe. Asia Argento: è solo una letterina

Moltissime star scrivono la lettera "Dissenso comune": "No al capro espiatorio, siamo contro l'intero sistema". Manca Asia Argento: "Non fanno nomi, è una letterina. Sono incazzata"

#MeToo in Italia: manifesto di 124 attrici e registe. Asia Argento: è solo una letterina
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2 Febbraio 2018 - 15.32


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“Questo è il tempo in cui abbiamo smesso di avere paura”. No ai capri espiatori, e no al “buon senso” che vorrà seppellire le denunce e le storie, perché è il sistema di potere maschile che va cambiato e umilia le donne. Dopo il #MeToo delle donne del mondo dello spettacolo nel Nord America 124 attrici, registe, produttrici e lavoratrici nel cinema e nello spettacolo firmano la lettera “Dissenso comune” “per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini”. La firmano Jasmine Trinca, Alba e Alice Rohrwacher, Iaia Forte, registe come Wilma Labate e Alina Marazzi sempre attente ai temi delle donne, Cristina e Francesca Comencini, Anna Foglietta, Iaia Forte, Giovanna Mezzogiorno, Francesca Marciano, Kasja Smutniak, Paola Cortellesi, la costumista premio Oscar Gabriella Pescucci, Isabella Ragonese, Valendina Lodovini, Vittoria Puccini, Valeria Solarino, Anna Bonaiuto e Isabella Ferrari, tanto per citarne alcune.

Dalle firme, indicate in ordine alfabetico per attestare il senso collettivo delle discussioni, manca Asia Argento, l’attrice che ha denunciato di essere stata violentata quando era ventunenne proprio da Weinstein, che ha ricevuto, in Italia, contumelie anche da qualche testata nazionale e ritiene di aver avuto scarsa solidarietà dalle colleghe. Al vetriolo il suo commento su Twitter: “Finalmente è arrivata la letterina di Babbo Natale delle ‘donne del cinema italiano’ contro le molestie. Contestano l’intero sistema ma si guardano bene dal fare nomi. Nei prossimi giorni interverrò sull’argomento, ora sono troppo incazzata”.

Il testo è frutto di due mesi di incontri, scambi, confronti e ha tra l’altro l’intento di non lasciare isolate le donne che hanno testimoniato violenze ai loro danni. La lettera “non è solo un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza. Noi vi ringraziamo perché sappiamo che quello che ognuna di voi dice è vero e lo sappiamo perché è successo a tutte noi con modi e forme diverse. Noi vi sosteniamo e sosterremo in futuro voi e quante sceglieranno di raccontare la loro esperienza”. E qui il riferimento pare essere proprio Asia Argento.
Un passo rimanda al caso del regista Fausto Brizzi, accusato di molestie da 15 aspiranti attrici: “Quando si parla di molestie quello che si tenta di fare è, in primo luogo, circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge da capro espiatorio. Si crea una momentanea ondata di sdegno… appena si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicità di quanto hanno detto le “molestate” e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare”.

Le 124 firmatarie avvertono del pericolo della “macchina della rimozione. La scelta davanti alla quale ogni donna è posta sul luogo di lavoro è: Abituati o esci dal sistema”. E ancora: “Non è la gogna mediatica che ci interessa. Il nostro non è e non sarà mai un discorso moralista. La molestia sessuale non ha niente a che fare con il “gioco della seduzione”. Noi conosciamo il nostro piacere, il confine tra desiderio e abuso, libertà e violenza”. E le molestie sessuali, scrivono, non investe solo il mondo del cinema ma ogni sfera del lavoro. “Un assetto sotto gli occhi di tutti, quello che contempla l’assoluta maggioranza maschile nei luoghi di potere, la differenza di compenso a parità di incarico, la sessualizzazione costante e permanente degli spazi lavorativi. La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro rende le donne, tutte le donne, a rischio di molestia poiché sottoposte sempre a un implicito ricatto. Succede a tutte. Nominare la molestia sessuale come un sistema, e non come la patologia di un singolo, significa minacciare la reputazione di questa cultura. Noi non siamo le vittime di questo sistema ma siamo quelle che adesso hanno la forza per smascherarlo e ribaltarlo. Noi non puntiamo il dito solo contro un singolo molestatore. Noi contestiamo l’intero sistema”.

 

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