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'Babylon Sisters' è un modo tutto femminile di parlare di integrazione

Il film di Gigi Roccati, dal libro della scrittrice Laila Wadia, racconta di talenti per il ballo alla Bollywood, dissesto economico ed integrazione a Trieste

'Babylon Sisters' è un modo tutto femminile di parlare di integrazione
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15 Settembre 2017 - 10.26


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Il 28 settembre arriva in sala un film che sembra ‘risaltare’ rispetto alla normale programmazione: ‘Babylon Sisters’, di Gigi Roccati, distribuito da Lo scrittoio, è una storia che si propone di coniugare danza e migrazione. Una pellicola, insomma, che si propone di dire qualcosa di nuovo su un tema, talmente attuale, da essere stato già abusato mediaticamente in ogni modo possibile.

Il film, che ha riscosso riconoscimenti di critica e pubblico nei Festival e nelle rassegne in cui è stato presentato, (tra cui la Festa del Cinema di Roma, London Indian Film Festival, Pune International Film Festival in India) e interpretato da Amber Dutta, Nav Ghotra, Lucia Mascino, Peppe Voltarelli e Renato Carpentieri, racconta la storia di Kamla (Dutta, gia finalista di Italian’s Got Talent), una bambina che da poco si è trasferita con i genitori in un palazzo alla periferia di Trieste abitato da altre famiglie di immigrati e da un vecchio professore burbero. Quando arriva la lettera di sfratto, tutta la famiglia cerca in ogni modo di non lasciare la propria casa, ma le reazioni sono diverse tra uomini e donne. È il caso di Shanti (Ghotra) che non si infuria e dispera come il marito, ma pensa invece solo a come risolvere il problema. Lei dalla sua ha un dono, quello di saper ballare, proprio come una star di Bollywood, e con l’aiuto di un’amica italiana, progetta una scuola di danza.

Questa sarà l’occasione di riscatto personale, familiare e collettivo, mentre la piccola Kamla riuscirà a sciogliere il cuore del professor Leone (Carpentieri) che gli immigrati proprio non li vuole vedere. E, nel frattempo, in città già si parla delle Babylon Sisters!
“Il film è liberamente ispirato al romanzo Amiche per la pelle della scrittrice indiana Laila Wadia – spiega il regista -, una donna che da trent’anni vive a Trieste. Quando ho incontrato i produttori di Tico Film, Gino e Sarah Pennacchi, loro avevano già sviluppato il soggetto e stavano cercando un regista sceneggiatore. Dopo aver letto il libro ho accettato subito a patto di ricominciare daccapo insieme a loro, e così è nato Babylon Sisters, il cui titolo è ispirato proprio alla sorellanza di un gruppo di donne che si uniscono nella lotta per la casa e finiscono poi per aprire una scuola di ballo in una periferia degradata, diventando una rock band di quartiere. Mi affascinava – conclude – esplorare un’idea di bellezza senza stereotipi”.
Lo spirito del film nasce anche dall’esperienza di viaggiatore di Gigi Roccati: “ho viaggiato molto per fare i miei documentari, dalla Cina all’Afghanistan, dalla Turchia al Libano, e la cosa bella è che mi sono sempre sentito a casa. E incontrando accoglienza, dignità e ospitalità rare anche dai più poveri. Tutte persone che non chiedevano nulla in cambio.
Babylon Sisters anche per questo nasce nello spirito di una storia di donne immigrate che celebrano il valore dell’accoglienza, la forza della multiculturalità e la sfida di una possibile integrazione. In fondo le donne protagoniste di questo film le avevo già incontrate tante volte nei miei viaggi”.

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