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L' isola di Medea, o della grande passione di Maria Callas per Pasolini

Galeotta fu la pellicola 'Medea' del 1969. Ora, un film a ricordare quel rapporto speciale, in anteprima assoluta su Rai5 questo 16 settembre

L' isola di Medea, o della grande  passione di Maria Callas per Pasolini
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13 Settembre 2017 - 10.58


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E’ nota la storia della passione suscitata da Pasolini nella grandiosa cantante lirica Maria Callas: galeotta fu la ‘Medea’, girata nel 1969. 

Ora, l’incredibile amicizia tra ‘l’ultimo degli intellettuali’, il provocatorio scrittore- regista Pier Paolo Pasolini e la donna che fu mito, viene raccontata in un film. 

Quasi 50 anni dopo riemerge per iniziativa del festival Lagunamovies di Grado (Gorizia), il racconto di un amore impossibile, ripercorso attraverso i ricordi e gli aneddoti dei componenti della troupe e degli amici. Nella laguna Pasolini soggiornò, raggiunto spesso dalla Callas.

L’incontro viene raccontato da un film, “L’isola di Medea”, una produzione scritta e diretta dal regista Sergio Naitza, Nastro d’argento 2013, e firmata con Karel produzioni di Cagliari, con il sostegno del produttore associato Erich Jost, della FVG Film Commission e Regione Friuli Venezia Giulia.
In anteprima assoluta il film sarà in onda su RAI 5 in occasione dei 40 anni dalla scomparsa di Maria Callas, sabato 16 settembre.

In anteprima internazionale sarà l’Athens international Film Festival, venerdì 29 settembre.

 

“Ho un affetto più grande di qualsiasi amore
su cui esporre inutilizzabili deduzioni –
Tutte le esperienze dell’amore
sono infatti rese misteriose da quell’affetto
in cui si ripetono identiche.
Sono legato ad esso
perché me ne impedisce altri.
Ma sono libero perché sono un po’ più libero da me stesso.
La vita perde interesse perché si è ridotta a un teatro
in cui le fasi di questo affetto si svolgono:
e così ho perso l’ebbrezza di avere strade sconosciute
da prendere ogni sera
(al vecchio vento che annuncia cambiamenti di ore e stagioni).
Ma che ebbrezza nel poter dire: “Io non viaggio più”.
Tutto è monotono perché in tutto non c’è altro
che un certo luccichio di occhi,
un certo modo di correre un po’ buffo,
un certo modo di dire “Paolo”, e un certo modo
di straziare a causa della rassegnazione.
Ma tutto è messo in forse dal terrore che qualcosa cambi.
In ogni amore c’è una fusione tra la persona che si ama
e qualcun altro: ma ciò è naturale. Nell’affetto
ciò sembra invece così innaturale:
la fusione avviene a tali profondità
che non è possibile darne spiegazioni, trarne motivi
per congratularsi, comunque essa sia, della propria sorte.
La tenerezza che tale affetto impone
al profondo, non conduce a fecondare
né a essere fecondati, anche se per gioco;
eppure si soccombe ad esso
con lo stesso senso di precipitare nel vuoto
che si prova gettando il seme, quando si muore
e si diventa padri. Infine (ma quante altre
cose si potrebbero ancora dire!),
benché sembri assurdo, per un simile affetto,
si potrebbe anche dare la vita. Anzi, io credo
che questo affetto altro non sia che un pretesto
per sapere di avere una possibilità – l’unica –
di disfarsi senza dolore di se stessi.”

 

Pasolini, ” Un affetto e la vita”, poesia su Maria Callas. 

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