Totò amò Franca per il resto della sua vita, al punto che, anche sul letto di morte, le sue ultime parole furono: “T’aggio voluto bene Franca, proprio assai”. Dopo la morte dell’amato, lei si ritirò dalle scene, tornando a recitare solo con Sordi nel 1998 per “Incontri Proibiti”. Sposò, in seguito, Niccolò Borghese. di Giancarlo Governi
«Noi a Franca» dice Liliana De Curtis «dobbiamo gratitudine perché ha dato quindici anni della sua vita a papà, gli ha voluto bene, lo ha assistito, in certi momenti ha colmato il vuoto che noi – mamma ed io ma soprattutto io con il mio matrimonio inatteso e contrastato – gli avevamo lasciato.»
«Franca» è Franca Faldini, l’ultima compagna di Totò, la donna della maturità e della vecchiaia. Franca Faldini, a tredici anni dalla morte del suo compagno, si è rifatta una vita, anche dal punto di vista professionale. È una buona giornalista, attenta e sensibile, ed una fine scrittrice. Ha consegnato la memoria di quei quindici anni vissuti accanto a Totò nel libro Totò, l’uomo e la maschera, ma lo ha fatto con discrezione, quasi con pudore, smussando, come si suol dire, gli angoli. Più per un bisogno suo, intimo, di parlare ancora una volta di Antonio e con Antonio.
Franca Faldini, nata a Roma nel 1931, di famiglia ebrea, e per questo perseguitata negli anni della fanciullezza, entra nella vita di Totò attraverso una copertina di Oggi. Aveva ventun anni, una bellezza latina non di-rompente, quasi discreta. Occhi e capelli nerissimi, la bocca ben modellata. Il settimanale la presentava come un’attrice italiana di ritorno da Hollywood, dove aveva rotto un contratto settennale con la Paramount.
A Hollywood Franca si era recata un anno prima, «per dare un taglio all’ambiente romano in cui viveva» disse, ma anche per tentare una strada. E lì viene eletta dai soldati americani in Corea Miss Cheesecake (Miss torta di for-maggio), un titolo assegnato ogni anno alla ‘stellina più appetitosa’, e che in passato era toccato persino a Rita Hayworth e Marlene Dietrich. Dopo l’elezione, arrivò puntuale il contratto con la Paramount ma lei non aveva avuto voglia di aspettare che la Compagnia, nei suoi imperscrutabili disegni, decidesse di lanciarla. Tornò in Italia decisa a tentate in patria.
Totò si fece vivo con lei alla sua maniera, con i fiori accompagnati da un discreto biglietto. Franca rispose, ringraziando, con un altro biglietto e Totò le telefonò. «Sono una sua ammiratrice» gli disse Franca «ma se vuole conoscermi è bene che si faccia presentare.»
E Totò, rispettoso delle buone maniere, attese il mo-mento delle presentazioni, che avvennero in casa di comuni amici. I due si incontrarono subito. Si frequentarono per alcuni mesi. Soprattutto si capirono. Totò aveva final-mente incontrato una donna con una personalità autonoma. Non più il capriccio di una sera o la bambina da crescere, o la donna fatale impegnativa e avvolgente, ma una donna con una sua personalità, con idee proprie, spesso in contrasto con le sue. Per questo Totò la chiamava affettuosamente Ravachol, con il nome di battaglia dell’anarchico francese.
Questo tipo di rapporto nuovo con la donna Totò, a cinquantaquattro anni suonati, lo accettò incondizionata-mente, con entusiasmo, perché sentiva che con Franca poteva comunicare, poteva dare ma anche ricevere molto.
Dopo alcuni mesi di “fidanzamento” che aveva portato avanti, e lasciato che venisse largamente pubblicizzato, probabilmente perché Diana e Liliana sapessero, Totò si decise al passo serio.
Così Franca racconta questo momento: «Così, un po’ alla volta, lentamente quando già per la stampa eravamo fidanzati e invece noi sapevamo che era una storia come un’altra, più che altro una trovata pubblicitaria e una sfida ripiccosa alla sua famiglia con cui all’e-poca era in rotta, arrivammo a quella sera a Napoli, al termine della lavorazione di Dov’è la libertà di Roberto Rossellini e a più di tre mesi dalla nostra conoscenza, in cui ci accorgemmo di un mutamento e lui, guardando fuori da un balcone dell’Excelsior, mi disse pensoso: “Sai niente, Ravachol? Eppure vorrei vivere con te davvero, sera e mattina, e ogni ora della notte e del giorno!”. »2
Da allora non si lasciarono più. Franca fece ancora qualche tentativo come attrice con lo stesso Totò, poi decise di ritirarsi. Ebbero anche un figlio, Massenzio, che visse poche ore; simularono un matrimonio all’estero per rima-nere insieme in libertà e per tacitare il mormorio nazionale che li definiva ‘pubblici concubini’. Un espediente che non funzionò fino in fondo se Franca dovrà ritirarsi in pianerottolo per permettere al prete di benedire la salma del suo compagno.
Così diversi, per carattere e per mentalità (lei moder-na e aperta, lui così attaccato alle tradizioni, al vecchio, ai buoni sentimenti e alle buone maniere), avranno molti scontri, dovuti anche ai trentatré anni che li dividevano, staranno sul punto di dirsi addio più di una volta ma rimarranno insieme, con amore e rispetto reciproco, fino al-la morte di lui. E per Totò quei quindici anni saranno fecondi e felici, gli anni della realizzazione professionale piena, definitiva, gli anni della tranquillità personale e della fine della solitudine.