Petruzzelli sold out dal primo pomeriggio di lunedì 4 aprile 2016 per la ‘conversazione’ con Toni Servillo in cartellone al Bif&st. Una partecipazione giovanile quasi debordante, che conferma la vitalità, e la necessità in una città come Bari, di un Festival come quello diretto da Felice Laudadio che ha da sempre inserito in primo piano le testimonianze e gli incontri pubblici con i grandi protagonisti del cinema dei contenuti. Più che una conversazione, quello con Servillo è stato un monologo che il grande attore, all’ultimissimo momento, scusandosi con la Direzione del Festival per il cambiamento di programma, ha voluto presentare sul tema del mestiere dell’attore.
Una vera e propria performance all’insegna di un amore viscerale nei confronti del proprio mestiere ed in particolare del teatro “il luogo dove la realtà interagisce con la scena”, un luogo necessario dove il pubblico si riunisce “in assemblea” diventandone una parte integrante, al pari dell’autore dell’opera, degli attori e del luogo stesso. “Il pubblico scrive l’opera insieme al drammaturgo” è questa, secondo Servillo, la grandezza e l’unicità del teatro, dove lo spettatore delega l’attore a vivere una storia al proprio posto. Quella dell’attore è una missione carica di significati e di responsabilità, dove il talento non ha nulla di sacro, sebbene l’attore conviva per definizione con una personalità instabile, ma nasce da un atteggiamento di grande serietà e di umiltà nei confronti di un autore che ha scritto qualcosa per lui: “Una vocazione è un miracolo da compiere con se stessi.”
Se il rapporto con il teatro è totalizzante, perché l’attore ha modo di approfondirlo giorno dopo giorno, quello con il cinema è profondamente diverso perché l’attore deve riuscire a bilanciare la frammentazione, riuscendo a illuminare con la stessa intensità il suo ruolo. Alla fine di questo emozionante incontro, tra gli applausi scroscianti e interminabili, la consapevolezza di aver toccato con mano esattamente quel processo magico e quasi simbiotico.