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Roma, la Biblioteca Nazionale organizza una rassegna su Pasolini

Pier Paolo Pasolini sarà ricordato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma con una rassegna da febbraio a marzo 2016.

Roma, la Biblioteca Nazionale organizza una rassegna su Pasolini
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22 Gennaio 2016 - 11.34


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La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, in collaborazione con l’Istituto Centrale per i Beni sonori ed Audiovisivi, arricchisce la presentazione dello spazio permanente Pier Paolo Pasolini. Dalla borgata al laboratorio di scrittura e la mostra fotografica di Rodrigo Pais Un fotografo in borgata con un ciclo di proiezioni legate al poeta di Casarsa, pensate soprattutto per le scuole, incentrate sul rapporto della sua scrittura cinematografica con le borgate e con il mondo del documentario civile. Ogni proiezione sarà accompagnata dall’incontro con uno scrittore (Giordano Meacci per Accattone, Sandro Bonvissuto per Mamma Roma, Paolo Di Paolo per La ricotta e Che cosa sono le nuvole?), che dialogheranno con gli studenti intorno ai film proposti e al loro rapporto con l’opera e la figura di Pier Paolo Pasolini. L’ultimo appuntamento vedrà invece un’ospite d’eccezione, la regista Cecilia Mangini, di cui si proietteranno i cortometraggi documentari su testi originali di Pasolini Ignoti alla città, Stendalì e La canta delle marane.

Martedì 2 febbraio ore 10,30

Accattone (1961, 116’)

con Giordano Meacci

“Accattone” è il soprannome di un ragazzo nullafacente che vive in una borgata romana sfruttando una prostituta, Maddalena. Quando la ragazza finisce in carcere, Accattone si trova senza soldi e cerca di tornare dalla moglie che vive insieme al figlioletto in casa del padre e del fratello. Prima prova registica di Pier Paolo Pasolini, lo scrittore, a quell’epoca, non aveva ancora quarant’anni ma era già molto noto, per i volumi di poesie, i racconti e le sceneggiature dei film di Fellini e Bolognini. «Il mondo dei “ragazzi di vita” del sottoproletariato romano, dei diseredati, ha trovato nell’opera di Pier Paolo Pasolini […] i giusti toni di una partecipazione affettiva e di una interpretazione commossa. Siamo lontani dal clima dei film sugli Sciuscià e sui Ladri di biciclette; qui il rapporto tra l’autore e i suoi personaggi si basa non sull’osservazione di una serie di fenomeni umani e sociali, ma sulla diretta partecipazione a un mondo di vita; e lo stile della rappresentazione deriva direttamente dalla volontà di dar forma visiva e letteraria ad una esperienza reale» (Rondolino).

Giordano Meacci (Roma 1971) ha pubblicato Improvviso il Novecento. Pasolini professore (minimum fax 1999, 2015), Fuori i secondi (Rizzoli 2002), Tutto quello che posso (minimum fax 2005). Alcuni suoi racconti sono in Esc. Quando tutto finisce (Hacca 2012), Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori (Laterza 2009), Deandreide (Rizzoli 2005) e La qualità dell’aria (minimum fax 2004). Con Claudio Caligari e Francesca Serafini ha scritto Non essere cattivo (2015) di Claudio Caligari, candidato italiano all’Oscar 2016.

Lunedì 15 febbraio ore 10,30

Mamma Roma (1962, 106’)

con Sandro Bonvissuto

Mamma Roma, prostituta, decide di cambiar vita e di diventare rispettabile. Va a stare col figlio Ettore, cresciuto in una cittadina di provincia, in un appartamento alla periferia della capitale, ma il ragazzo, saputa la verità sul passato della madre, delinque, è arrestato e muore in carcere per i maltrattamenti subiti. «Il tema dell’incoscienza, o della diversa coscienza, proletaria è il centro del secondo film di Pasolini dove il regista nobilita i suoi personaggi con richiami alla pittura rinascimentale (il Cristo morto del Mantegna), e tocca vertici di pathos senza versare una lacrima: Mamma Roma rappresenta la femminilità dolente ma indistruttibile, mentre Ettore, scettico e prematuramente deluso dalla vita, è fratello ideale di Accattone, senza esserne una scialba replica. Quella della Magnani [è una delle sue migliori interpretazioni. Il debuttante Garofalo fu scoperto dal regista mentre faceva il cameriere in una trattoria. Lo scrittore Paolo Volponi è il prete» (Mereghetti).

Sandro Bonvissuto è nato a Roma nel 1970 città dove vive e lavora, diplomato al liceo, laureato in filosofia a La Sapienza, ha due figli e ha fatto ogni lavoro; oggi è cameriere in osteria e anche autore Einaudi, editore con il quale ha pubblicato Dentro e un racconto nella raccolta Scena Padre. Per Einaudi uscirà anche il suo prossimo libro.

Martedì 1 marzo ore 10,30

La ricotta e Che cosa sono le nuvole?

con Paolo Di Paolo

La ricotta (1963, 36’)

Stracci, che “interpreta” come comparsa la parte del ladrone buono in un film sulla Passione di Cristo che un pretenzioso regista (impersonato da Orson Welles) che si autodefinisce marxista ortodosso sta girando su un enorme prato della periferia romana, è un sottoproletario perennemente affamato. La scena è ingombra di decine di membri della troupe e di comparse, che in mezzo alla scenografia “sacra”, alcuni ancora in costume da santo, ballano un twist scatenato. Quando la sua povera e numerosa famiglia lo va a trovare sul set, Stracci dona loro il cestino del pranzo che gli spetta in quanto attore per consentirgli di consumare un misero pasto in mezzo al prato, che assume il valore di una vera e propria eucaristia. Per non saltare il pasto, Stracci, approfittando della confusione del momento di pausa, si traveste da donna e riesce a “rimediare” un nuovo cestino dalla produzione. Con infantile entusiasmo si accinge quindi a mangiarlo, al riparo da tutti, in una piccola grotta poco lontano dal set» (Murri). «L’intenzione fondamentale era di rappresentare, accanto alla religiosità dello Stracci, la volgarità ridanciana, ironica, cinica, incredula del mondo contemporaneo» (Pasolini).

Che cosa sono le nuvole? (1968, 22’)

In un teatro viene rappresentata una versione in chiave comica della tragedia di Shakespeare Otello. I personaggi sono attori-marionette: Totò interpreta Jago, Ninetto Davoli è Otello, Laura Betti è Desdemona, Franco Franchi è Cassio, Ciccio Ingrassia è Roderigo. Una riflessione amara, ma con un raggio di luce finale, sul senso dell’esistenza umana, tra il vivere e l’apparire, la vita e la morte.

Paolo Di Paolo è nato nel 1983 a Roma. Ha pubblicato fra l’altro i romanzi Dove eravate tutti (Feltrinelli 2011, Premio Mondello) e Mandami tanta vita (Feltrinelli 2013, finalista Premio Strega), tradotti in diverse lingue europee. Scrive su «La Stampa».

Martedì 8 marzo ore 10,30

incontro con Cecilia Mangini

Ignoti alla città (1958, 11’)

Stendalì – Suonano ancora (1960, 11’)

La canta delle marane (1961, 10’)

Quando, nel 1958, la Mangini filmò un gruppo di ragazzini romani che vagavano per le strade senza meta, chiese di avere la collaborazione di Pasolini: “Io non ero nessuno, avevo solo firmato qualche fotografia, nonostante tutto Pasolini ha accettato”, e questo portò ad un sodalizio che durò fino al 1962. Il documentario in questione è Ignoti alla città, cortometraggio in Technicolor che fu censurato dal ministro Tambroni, per vendetta contro Pasolini, con l’accusa di istigazione all’immoralità, dal momento che tre di quei ragazzini commettono un furtarello. Con la sceneggiatura e regia di Cecilia, il commento di Pasolini corrisponde ad una traslazione documentaristica di Ragazzi di vita, e “chi avrebbe potuto, se non lui in persona” dare voce a quelle immagini, voce che certamente, spiega la Mangini è “un grande valore aggiunto”.

Il secondo documentario è Stendalì – Suonano ancora (1960), il soggetto del quale è tratto da Morte e pianto rituale di Ernesto De Martino, su testi originali di Pier Paolo Pasolini. ll corto è incentrato su un suggestivo canto sacro funebre delle donne di Martano, in Salento, che usano un dialetto greco. Pasolini creò quel canto funebre tratto da diversi testi greci.

La canta delle marane (1961) è il terzo e ultimo corto, che vede di nuovo protagonisti dei ragazzini che fanno il bagno, inizialmente con scherzo, poi con grande malinconia: il bagno è un “momento ludico ma anche di protesta”, protesta contro il mondo, “ci era piaciuto farne dei ribelli, a Pasolini sarebbe piaciuto”. Il commento di Pasolini si associa alla bellissima musica di Egisto Macchi. Tale commento inoltre è stato tratto da una poesia della raccolta “La religione del mio tempo”. La marana, un torrente affluente del Tevere, dove è girato in 35 mm tutto il documentario, si trova sotto ponte Mammolo, al di là del raccordo anulare di Roma, a circa 300 metri dalla prima casa romana di Pasolini.

Cecilia Mangini (Mola di Bari, 1927), prima donna a girare documentari nel dopoguerra, ha saputo dare vita ad alcune delle più belle immagini dell’Italia degli anni ’50 e ’60, mettendo in evidenza la transizione del paese (che si allontanava, lentamente, anche dal fascismo) verso un’organizzazione industriale. La sua macchina da presa ha esplorato l’Italia spesso volgendo lo sguardo al Sud, alla Puglia e al Salento, per cercare i rituali di una cultura antica che scompariva travolta dalle veloci trasformazioni imposte dal boom economico. Oltre a Pier Paolo Pasolini, il suo itinerario ha incrociato quelli di Vittorio De Seta, Gianfranco Mingozzi, Florestano Vancini, Vasco Pratolini.

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