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The Pills, la Rete si è fatta cinema

Dall'appartamento di Roma sud al grande schermo. I tre youtubers raccontano la genesi del loro primo film dal 21 gennaio al cinema. [Roberta Benvenuto]

The Pills, la Rete si è fatta cinema
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18 Gennaio 2016 - 00.48


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di Roberta Benvenuto*

In principio era il web, Youtube, gli iscritti, le visualizzazioni. Poi la Rete si è fatta cinema. All’inizio doveva chiamarsi Mezzogiorno meno un quarto. Poi è diventato Sempre meglio che lavorare. Il titolo definitivo per il film dei The Pills che uscirà nelle sale il 21 gennaio prossimo.

L’esordio dietro la macchina da presa dei tre ragazzi di Roma sud, diventati famosi per la loro web serie da oltre 20.000.000 click, è atteso nel mondo cinematografico come banco di prova: il grande schermo può fare l’occhiolino al web? Il gruppo nato su Youtube cambierà la faccia del nostro cinema?

Nell’attesa di vedere l’effetto che fa in sala, lo abbiamo chiesto al trio romano.

“È una bella responsabilità ed anche una grande rogna. The Pills ha la sua forza nel mezzo in cui è nato. Al cinema abbiamo tentato di fare la cosa più onesta possibile. Un prodotto totalmente diverso dalla serie. È cinema, ma con un linguaggio nostro. È un film, ma non è un film. Sicuramente è qualcosa di insolito, che non trovi in giro.” Chi parla è Luigi Di Capua, attore e sceneggiatore del terzetto. L’idea di fare un film non è partita da loro, spiega: “La proposta, da parte di Piero Valsecchi, era quella di produrre la seconda stagione di The Pills per la tv, e avere in cambio un’opzione per un film. E ci siamo detti: Ok, facciamo un film”.

Il gruppo di youtuber romani ha così tralasciato per un po’ la Rete per dedicarsi alle riprese che, come ci ha raccontato Luca Vecchi, che del film è anche regista, “mi hanno tolto dieci anni di vita. È stato un lavoro massacrante durato due anni. Siamo in post produzione, adesso. Il 21 gennaio è il nostro giorno, una settimana dopo Verdone. Perché lo temiamo” ironizza. “Stiamo tentando di capire tra tutti i media quale sia il più adatto a noi. Sicuramente il cinema è più idoneo al nostro codice” parole del regista. Quindi il cinema è il vostro media? “No, perché il film che sta per uscire, solo a tratti sembra un film”. Soddisfatto? “No. Sarò soddisfatto solo quando uscirà. A volte lo trovo un po’ cheap ma è perché non sono mai contento. Quindi aspetto di saperlo dagli altri.”

Come si può definire un film che non è un film è un mistero. Ma i tre hanno le idee chiare sul loro prodotto: “Ci sono più storyline, volevamo abbandonare le pillole seriali – spiega Matteo Corradini – il terzo The Pills, che il film l’ha scritto. “Parte come una serie di sketch slegati tra loro – continua Luca Vecchi – ma poi c’è un bell’intreccio complesso. Abbiamo avuto molte fonti di ispirazione. L’esempio più simile a noi che mi viene in mente sono le pellicole di Edgar Wright, tipo Hot Fuzz e Shaun of the Dead”.

“Comunque è un film che ad un certo punto parte per la tangente, diventa totalmente assurdo – spiega il regista -. E finisce con un mitico scontro finale, come ogni bel film anni ‘80/’90 che si rispetti. C’è il momento catartico. Forse la produzione non l’ha ancora accettato. Ma lo farà.”
Sul web già da qualche tempo circola un video promo, Los Pollos Romanos. Le prime immagini del film, prodotto da Eat Movie e distribuito da Medusa Film, spoilerano la partecipazione di Giancarlo Esposito (Gus Fring in Breaking Bad con un nomination agli Emmy alle spalle). Si vede lui che tenta di carpire la ricetta del pollo alla romana dalla nonna di Luca. Tra le altre stelle nella pellicola: Gianni Morandi, l’attrice comica Francesca Reggiani e la cantautrice Margherita Vicario. Solo un assaggio, dunque, della storia di tre amici che si conoscono dall’infanzia, che hanno quasi trent’anni e nessuna intenzione di prendersi sul serio. Anzi. La loro battaglia ideologica? Immobilismo post-adolescenziale a oltranza. “Giochiamo con il ribaltamento – spiega Matteo – prendiamo un frame comune, il precariato, la mancanza di lavoro e l’ossessione di trovarne uno, tipica della nostra generazione e lo capovolgiamo”. E avverte: “The Pills non sarà un film sul precariato. Fare retorica non ci interessa. Volevamo scombinare le carte sul tavolo.”

All’opposto, precisa Luigi, il film “è a favore del precariato. Parla dei 30 anni. Del momento psicologico in cui ti rendi conto che la post adolescenza deve finire e viene il lavoro a bussarti alle porte. Inesorabile. Il film parla in fondo della mancata accettazione delle responsabilità. Di crescere”. Ma non c’è critica sociale o politica. “No, zero. Non c’è un messaggio da mandare – continua – non è un manifesto. Magari è un biasimo a chi si piange addosso. Ma con un moto di ribellione al sistema. Se questo è il futuro che ci viene proposto, se queste sono le condizioni in cui devo vivere, non ci sto. È una presa di posizione al contrario: per perpetrare la post adolescenza e l’immobilismo”. Tutto viene giocato sulla paura del cambiamento. “Tipo un Disney , ma al rovescio”. Oltre al danno la beffa: “Perché in realtà stiamo lavorando tantissimo per questo film” dichiara Matteo.

Il mondo che dipingono, insomma, è lo stesso dei trentenni di oggi, di Zerocalcare. Del limbo di un domani che stenta ad arrivare. Ma non si sentono i portatori di un messaggio generazionale. “Anche questa cosa ci mette ansia – ammette Luigi – Ci si vuole rispecchiare in una voce. Ma noi ci sentiamo degli outsider, molto esterni alla nostra generazione. Se ne siamo esponenti, è solo in virtù di questo senso di non appartenenza che ci caratterizza oggi. Lo sfuggire ad ogni etichetta. Che poi è anche la nostra forza a livello di linguaggio audiovisivo”.

In fondo tutto si spiega con il fatto che i The Pills sono nati per gioco. Hanno iniziato a girare in una casa da universitari a Tor Bella Monaca. Le comparse erano amici, zii e parenti. Nello shaker vincente: tutti i luoghi comuni dei trentenni che finora non avevano mai avuto sfogo buttati su un tavolino, davanti ad un caffè&sigaretta, e quattro sedie Ikea. Poi il loro stile ironico, irriverente, citazionista e un po’ morettiano (un Nanni Moretti da blockbuster americano, come suggerisce Luca Vecchi) ha fatto il resto e li ha premiati su Youtube. Dal web al cinema passando per la tv. Triplo carpiato con avvitamento?

“Bhe si, è stata dura – riconosce Matteo – Abbiamo dovuto imparare a scrivere in un certo modo.” Per Luca: “La tv è più rigida dal punto di vista dei contenuti. Il cinema invece è una macchina perfetta…” Cosa ci hanno perso i The Pills? “Io c’ho perso 10 anni de vita, l’ho già detto”. A parlare è Luca, ovviamente.

Per Luigi la difficoltà maggiore è stata la mancanza di improvvisazione sul set “la macchina produttiva, non ci ha tolto libertà espressiva ma comunque ci ha imposto un metodo. Noi venivamo da una realtà sgrammaticata, in cui eravamo assolutamente liberi. L’esperienza del set per me è stata traumatica. Se non fosse per il fatto che c’era una persona che mi sistemava i capelli ogni 5 minuti. L’unico bel ricordo che ho – ironizza – Ogni tanto ci guardavamo tra di noi e dicevamo: ‘Ammazza, guarda cosa emo fatto!’ C’era gente che stava lì per il tuo film. Li abbiamo fregati tutti”.

Difficoltà? “Le relazioni umane – secondo Luca – hai un gruppo di 60 persone che ti segue e ti fa domande tipo ‘Come vuoi che sia vestita la comparsa sullo fondo a destra dell’inquadratura?’. Domande a cui ancora non trovo una risposta.”

Il terzetto però di una cosa è certo: hanno portato uno svecchiamento di tematica e di linguaggio. “Abbiamo sperimentato. Il nostro film è un pot-pourri di generi differenti. – dice Luca – C’è la commedia romantica, cinema di genere un po’ di horror un po’ di thriller, un po’ di comico. È un bel piattone di quelli che ti fai ai buffet. È un film all you can eat.” E sul rischio di essere un fenomeno web monetizzato sul grande schermo, i tre sono molto consapevoli: “Fare un film e palesarci come The Pills è di per se un’operazione commerciale. Il punto è fare comunque un film ‘figo’ al di là di queste dinamiche. È il dazio da pagare, ma non ci sentiamo sfruttati. Al contrario. A sfruttare l’occasione siamo noi.” Se il film riesce? “È perché famo tenerezza e simpatia, facciamo famiglia. Dove c’è The Pills c’è casa.” Se il film non riesce? “Non siamo stati noi, ci hanno costretto.” Allora qual è l’appello? “Andatelo a vedere, perché se dovete dare soldi a qualcuno è meglio che li date a noi.” Cosa aggiungere…


Questo articolo è stato pubblicato sul numero 7 dell’edizione cartacea del Giornale dello Spettacolo. Per leggerlo [url”CLICCA QUI”]http://goo.gl/xsgC7E[/url]

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