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Franco Citti, addio al ragazzo di borgata

Muore a Roma all'età di 80 anni il volto di "Accattone" e di un'Italia che non c'è più. [Vittorio Zenardi]

Franco Citti, addio al ragazzo di borgata
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14 Gennaio 2016 - 21.40


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di Vittorio Zenardi

Con Franco Citti se ne va una delle figure più alte del cinema italiano, simbolo del cinema di Pasolini che ha segnato un’epoca.
La notizia della sua morte ha sconvolto il mondo dello spettacolo e gli appassionati di cinema.

Se Roma diventa per Pasolini il campo ideale per osservare e analizzare l’evoluzione della società italiana, Franco Citti, in Accattone, ne incarna l’anima del sottoproletariato portatore di quella “tradizione” che sembra immune al neocapitalismo dilagante di quegli anni.

Lui si fa plasmare dal regista, il suo volto inquieto e sofferto da “non attore” diviene l’incarnazione stessa di un’umanità ai margini della “Città di Dio”.

Ma Franco Citti non fu soltanto il corpo di personaggi pasoliniani ma dimostrò una naturale inclinazione a ruoli cinematografici che coincidevano con la sua identità senza filtri e senza maschere. Lontano dai clamori del successo, dichiarava:
“Sono felice per quello che ho fatto, meno per i giornalisti che non mi lasciano in pace”.
Con Pasolini gira “Mamma Roma” (1962), “Porcile” 1969, ”Il decameron” (1971) e i Racconti di Canterbury ( 1972). 
E’il demone orientale de Il Fiore delle Mille e una notte (1974) e un indimenticabile e disperato Edipo in Edipo Re (1967).

In teatro ha recitato sotto la regia di Carmelo Bene in Salomé (1963) ed è stato uno dei volti più importanti anche del cinema del fratello Sergio, da Ostia (1970) a Storie scellerate (1973), da Casotto (1977) a Il minestrone (1981), da I Magi randagi (1996) a Cartoni animati (1998).

Dagli anni ’60 ai ’90 é presente in numerosi film d’autore da Requiescant (1967) di Carlo Lizzani, al Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola, da Todo modo (1976) di Elio Petri, a La luna (1979) di Bernardo Bertolucci, fino al Padrino parte III (1990) di Coppola.


Ci lascia uno degli attori che maggiormente ha saputo interpretare le istanze profonde dei registi con cui ha lavorato, arrivando a fare dire a Pasolini:“Lui e Accattone sono la stessa persona. Accattone naturalmente è portato ad un altro livello, al livello estetico di un “grave estetismo di morte” ma in realtà Franco Citti e Accattone si assomigliano come due gocce d’acqua”.

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