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Nell'Italia che arretra il cinema ha ancora carte da giocare

L'Italia va indietro, purtroppo, ma il cinema ha ancora tutte le sue carte da giocare. [Davide Rossi]

Nell'Italia che arretra il cinema ha ancora carte da giocare
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2 Settembre 2014 - 15.45


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di Davide Rossi

Di tanto in tanto accade che alcuni termini escano dal circuito dei specialisti e finiscano per diventare di uso comune: dalla improvvisa popolarità delle “strambate” ai tempi del Moro di Venezia che furoreggiava in Coppa America alla “tracimazione” in Valtellina di qualche anno più tardi, per arrivare in tempi più recenti ai “cani molecolari” indispensabili per tracciare il percorso di uno scomparso dove mancano le telecamere di sorveglianza e alla “biscaggina” che un capitano – poco coraggioso – avrebbe dovuto risalire …

Sfizi, giochi di comunicazione utilizzati dalla stampa per dare colore ad alcune notizie o anche semplicemente per cercare una sintonia, un filo comune, con il lettore; nulla di male in questo. Purtroppo però in questi ultimi tempi stiamo subendo un vero bombardamento di termini presi a prestito dai libri di economia e dal mondo bancario che finiscono unicamente per farci sentire, come persone e come Paese, sempre più poveri e spossati.

Dopo lo Spread e la Recessione arriva ora la Deflazione a colpirci e ad affossare le timide speranze di una ripresa. E potrebbe addirittura presentarsi a breve, forse con i primi freddi, la Stagflazione (ancora più mostruosa con i suoi prezzi al rialzo a fronte di consumi a picco) a distruggerci definitivamente.

Ma questi sono i tempi: Angela Merkel non esiterà a ri-chiamare Mario Draghi – anche ammesso che sia stato lui a farlo per primo lo scorso fine settimana – ogniqualvolta abbia la sensazione di un allentamento della attenzione sui conti pubblici e tema appunto che una maggiore immissione di risorse senza una reale crescita possa appunto portare a un aumento dei prezzi nonostante l’assenza di dinamismo economico e occupazione.

Forse bisognerà farsene una ragione e cercare semmai di cogliere qualche opportunità per il Cinema che più di altri mercati ha la concreta possibilità di fronteggiare la difficile congiuntura economica.

In questa prospettiva ci può aiutare osservare alcuni dati economici di base.

Anzitutto partiamo dal presupposto che gli Italiani spendono percentualmente ancora pochissimo in cinema (anche intendendo beninteso tutte le forme di fruizione, Sala, DVD, Pay TV, VOD ecc.).

Rispetto ad un PIL di circa Duemila Miliardi di Euro stiamo infatti parlando di un valore complessivo che, comunque lo si voglia calcolare, si attesta su una percentuale da Zero virgola …
E ugualmente anche parlando degli effettivi consumi delle famiglie, esse destinano al cinema una quota minima del proprio reddito disponibile a fronte di altre voci (ad esempio l’auto, la casa, i viaggi, l’abbigliamento e la cura per la persona) che assorbono la gran parte delle risorse.

Potrebbe quindi bastare una relativamente piccola virata dei consumi in favore del cinema per dare uno slancio enorme al settore. Ovviamente medesima considerazione vale anche in direzione inversa e questo spiega la preoccupazione e la tensione che attraversa gli operatori e le imprese.

Peraltro, comparando la sofferenza di altri settori in questi ultimi anni, si potrebbe trovare conferma del fatto che il cinema è sostanzialmente un consumo “anticiclico”, ricordando peraltro che gli anni d’oro del Cinema in Italia restano quelli del dopoguerra nei quali c’era certamente una crescita economica ma di vacanze alle Maldive, di settimane bianche e di weekend alle terme non se ne parlava …

Si potrebbe poi anche dire che proprio le difficoltà e la tristezza che ci attanaglia sentendo ogni giorno i telegiornali dovrebbero aumentare la voglia di evasione e di sogno e quindi favorire il settore, ma certamente queste riflessioni non sarebbero da sole sufficienti a rassicurarci.

Tuttavia se pensiamo che nel nostro Paese si sono spesi nel 2010 circa 4 Miliardi di Euro per comprare televisori e che nell’anno in corso (nonostante i Mondiali che appunto si sono tenuti anche 4 anni fa) si arriverà forse a 2 Miliardi abbiamo la misura chiara da un lato della crisi di certi segmenti dell’elettronica ma anche delle enormi possibilità che si aprono per chi riesce ad intercettare determinati flussi di spesa che cessano di andare in una direzione e prendono altre vie.

Segnalo, ad esempio, che da pochi mesi a questa parte anche smart-phone e tablet sono in calo e per questo l’industria dell’elettronica ora punta sui quelli che vengono chiamati i “wearable devices” principalmente gli orologi intelligenti.

L’esempio degli apparecchi televisivi non è banale in quanto vi è una evidente vicinanza con il mondo del cinema; è vero che non tutto l’intrattenimento televisivo è cinema ma – visti anche i dati di ascolto televisivo nonostante la proliferazione dei canali – sembra che al di là di alcune fortunate serie e pochissimi talent, ci sia solo lo sport a fare ancora numeri ragguardevoli.

Oggi questo maggior tempo a disposizione del pubblico è stato pienamente assorbito dai social media, ma è molto interessante leggere lo studio pubblicato dalla Università di Princeton pochi mesi fa nel quale si prevede un vero e proprio crollo (meno 80% in 3 anni) degli utenti di Facebook (solo parzialmente a vantaggio di altre piattaforme).

E’ poi da rilevare che altri studi evidenziano come la presenza sui social media per ogni singolo utente tenda a raggiungere un momento apicale abbastanza rapidamente dopo la prima registrazione ma che dopo un certo periodo – come peraltro è normale che sia – inizi a scendere e a livellarsi su fasce orarie più limitate o addirittura a divenire un passatempo praticato come riempitivo durante trasferimenti o momenti di attesa e non più come l’appuntamento fisso della serata.

Già quindi questi primi due ingredienti, ovvero gli orientamenti tendenziali della spesa per determinati beni e la destinazione del tempo libero, sembrano fornire elementi interessanti osservare da un angolo meno pessimistico lo scenario che si profila per le imprese che operano a vario titolo nella produzione e distribuzione cinematografica.

E’ poi bene aggiungere alcuni elementi più macroeconomici che possono confortare questa visione e anche iniziare ad indicare una strada di impostazione imprenditoriale che potrebbe essere intrapresa (e che alcuni operatori hanno già iniziato a percorrere seppure con grande cautela).

Se confrontiamo Italia e Germania in termini di ore lavorate per occupato, abbiamo la sorpresa di scoprire che in Italia si lavora molto di più (1774 ore annue in Italia contro 1406 in Germania) anche se purtroppo per molte ragioni, tra le quali anche l’arretratezza dei sistemi produttivi e gestionali, la nostra produttività è molto più bassa. In pratica la nostra forza lavoro è un motore che talvolta gira vuoto.

Quello però che più ci distanzia dalla Germania è il dato sul rapporto tra occupati e popolazione (in Italia siamo sotto al 35% e in Germania oltre il 50%) in pratica da noi lavora un cittadino su tre e in Germania uno su due.

Infine se osserviamo il dato della disoccupazione giovanile vediamo un elemento ancora più significativo e anzi assolutamente spaventoso: tra i 15 e i 24 anni sono disoccupati totali (ragazzi cioè che non lavorano e non studiano) oltre il 38%, mentre in Germania solo circa il 7% è in questa condizione.

Questi dati non sono una novità: li sentiamo purtroppo snocciolare ogni giorno, ma sembra proprio che in queste cruciali settimane si metterà mano definitivamente al tema del lavoro.

Il Governo conta di incassare una legge delega ampia entro i primi di Ottobre per realizzare subito sotto forma di Decreto Legislativo (quindi immediatamente efficace) la riforma del Diritto del Lavoro.

Tra le novità attese il contratto a tutele crescenti (che renderà più facile e conveniente assumere ma anche meno complicato rinunciare ai lavoratori se i piani di sviluppo imprenditoriale non andranno secondo le previsioni) e i cosiddetti mini-jobs. Queste e tutte le misure collaterali saranno principalmente orientate a stimolare l’occupazione giovanile.

Ecco allora che per il settore della produzione, ma soprattutto della distribuzione di Cinema, si possono profilare opportunità molto interessanti.

Da un lato sarà possibile assumere giovani anche con formule particolarmente flessibili e poco onerose in termini di costo del lavoro e contributi sociali, dall’altro potremo avere un numero di giovani finalmente meno dipendenti dalle famiglie per le proprie necessità e che potrebbero certamente incrementare la propria spesa per il cinema.

Se poi aggiungiamo il fatto che è molto più facile per un giovane inventare e praticare (a seconda delle varie competenze) formule innovative e nuovi linguaggi di promozione e marketing rivolti proprio alla propria fascia di pubblico, anche grazie all’uso estensivo della pubblicità interattiva e della geolocalizzazione, sembra di poter immaginare per il settore del Cinema in generale un futuro meno pessimistico di quanto troppo spesso ci sentiamo ripetere.

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