di Manuela Ballo
Questa volta X Factor non potrebbe essere più vero di com’ è la realtà: dominato dal distanziamento sociale e con selezioni e audizioni senza la partecipazione del pubblico, il programma ha già portato sul palco personaggi, storie ed emozioni che rappresentano l’Italia così com’ è.
I volti e le voci che scorrono sul palco sono quelle di un grande paese dominato da tante piccole realtà locali o periferie urbane al cui interno vivono persone dai destini complessi. I protagonisti, giovani e giovanissimi, hanno un solo sogno e un’unica ambizione: emergere. Questa volta, però, la giuria mostra di volerli non solo ascoltare ma anche comprendere. Per emerger, devono uscire fuori dalle loro case che talvolta somigliano a prigioni, devono armarsi di strumenti e voce, salire su quel palco mostrando le loro abilità.
I più sono ostaggi della loro emotività e della loro sensibilità; ma spesso ad emergere è anche la loro rabbia per come vivono e per la sfida che stanno affrontando.
A colpirci non sono quindi soltanto le voci – alcune davvero belle e originali- ma anche le vicende personali che raccontano su quel palcoscenico.
Rivediamo con un rewind qualche caso. C’ è una giovane donna che nella vita insegna, sulle orme della madre, l’ arte della danza e che canta dei suoi incontri sbagliati e della lezione che ne ha tratto: d’ ora in avanti se c’ è da sbagliare, sbaglierà da sola. C’ è poi il ragazzo siciliano Giuseppe, in arte Roccuzzo, che nella vita fa il cameriere in Svizzera, dove è dovuto emigrare per aiutare la famiglia. La voce è davvero strabiliante specie quando interpreta un brano famoso di Elisa “Promettimi”. Affascinante il gioco con il quale il giovane cantante ha scelto il suo nome d’ arte: Roccuzzo è, in realtà, il vero cognome della sua famiglia, ma siccome suo nonno non credeva in lui come cantante, così facendo ha deciso di prendersi una rivincita, e da quel che si è sentito ce la potrebbe fare.
Queste, due delle tante storie che si sono intrecciate sul palco in queste prime settimane di un Talent che sembra aver capito che si può stupire di più il pubblico raccontando storie vere al posto di quelle artefatte che imperversano in tante trasmissioni televisive o che rimbalzano nelle rappresentazioni patinate sui social.
Sembra di assistere a una sorta di viaggio in Italia, narrato con la chiave del romanzo popolare come se, oltre al talento, contasse davvero la vita. In alcuni momenti sembra di rivedere, seppure a colori e seppure su un palco di un Talent show, brani tratti dal viaggio in Italia di Mario Soldati o di leggere le piccole cronache familiari di Vasco Pratolini. È pur sempre televisione, non lo dimentichiamo, e quindi va percepito come un grande spettacolo di intrattenimento, dove c’è un maestro dei “buttafuori” Cattelan, che orchestra le polifoniche voci dei quattro giudici- Emma Marrone, Manuel Agnelli, Mika ed Hell Raton – che ridono, piangono e poi, però, giudicano.
Fin qui il Talent ha riscosso il successo del pubblico e della critica, ma siamo solo all’ inizio e c’è da vedere se il seguito sarà degno di questo accattivante inizio.
Lo vedremo durante le due puntate dell’8 e del 15 ottobre con il Bootcamp e, in seguito, con la novità di quest’anno la “Last call” nel quale i giudici selezioneranno i cantanti di ogni categoria. Poi, come di consueto, ci saranno le Live, dove i prescelti dovranno combattere, con la forza delle loro voci, per aggiudicarsi la vittoria e uscire, così , definitivamente dall’invisibilità.