Sanremo 2020 rischia di essere il Festival del sessismo italiano di cui non abbiamo bisogno | Giornale dello Spettacolo
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Sanremo 2020 rischia di essere il Festival del sessismo italiano di cui non abbiamo bisogno

L'imbarazzante conferenza stampa di Sanremo è la dimostrazione ulteriore che l'Italia è un paese che non è in grado di capire che il mondo è andato avanti

Sanremo 2020 rischia di essere il Festival del sessismo italiano di cui non abbiamo bisogno
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16 Gennaio 2020 - 16.53


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di Giuseppe Cassarà 

Quel che è accaduto durante la conferenza stampa di Sanremo è imbarazzante per tutta l’Italia. Un uomo seduto al centro di una tavolata con sette donne, per mandare il messaggio “avete visto, noi sì che siamo avanti”. Salvo poi che Amadeus, l’uomo in questione, tiene banco perché il padrone di casa è lui. E dice quello che vuole, come che Francesca Sofia Novello è lì perché, in quanto fidanzata di Valentino Rossi, sa “stare accanto a un grande uomo rimanendo un passo indietro”.

Imbarazzante perché il clamore che si è sollevato sta arrivando sempre dalla solita parte: la sinistra, i movimenti femministi, la comunità lgbt. Che sta venendo, di nuovo, denigrata perché ‘esagerata’, perché ‘non si può dire più niente’, perché siamo ‘nazifemministi’. E sapete qual è la cosa che fa arrabbiare di più? Che hanno ragione loro.

Hanno ragione perché Francesca Sofia Novello, a sentirsi apostrofare in quel modo, avrebbe dovuto prendere la parole e dire chiaro e tondo alla faccia sorridente di Aamedus che lei non è ‘la fidanzata di Valentino Rossi’ e basta, che lei non sta un passo indietro rispetto a nessuno, che lei ha una sua carriera e che se è solo per quei motivi che è stata invitata a Sanremo allora grazie tante, ma preferisce stare a casa. Ma non l’ha fatto.

Sarebbe potuto intervenire qualcuno dalla platea e dire ad alta voce che un’uscita del genere è fuori luogo e che Amadeus doveva scusarsi lì, in quel momento. Anzi, a dirla tutta doveva essere la Rai a frenare tutto e a dire che le parole del conduttore e direttore artistico erano espressione di un’italietta anni ’50 che non può trovare spazio nel 2020. Ma non l’ha fatto. Niente di tutto questo è successo e se succederà sarà solo perché le femministe, gli lgbt e quegli italiani che si rendono conto che tutto questo è inaccettabile lo continueranno a far notare fino allo sfinimento.

Ma la realtà è che in una stanza con dieci donne di successo, imprenditrici, artiste, giornaliste, e un solo uomo, la parola di quel solo uomo vale ancora di più. E ciò conferma che Sanremo è un carrozzone sessista di cui non si sente più il bisogno, simbolo di tutti quei ‘valori della tradizione italiana’ che puzzano di stantio. Sanremo nella sua storia recente è stato usato per portare sul palco la famiglia Anania, i neocatecumenali con 16 figli, mostrati come esempio di virtù; è stato usato per denigrare Conchita Wurts, vincitrice dell’Eurofestival, che Carlo Conti continuava a chiamare con un nome da uomo. È stato usato l’anno scorso per le polemiche razziste sul vincitore Mahmood e quest’anno sarà il palcoscenico della sovranista Rita Pavone, le cui canzoni vengono ora cantate ai comizi di Matteo Salvini.

La musica, a Sanremo, c’entra ben poco, e con tutto il rispetto possiamo farne tranquillamente a meno delle performance canore sul palco dell’Ariston, che per la maggior parte sono gli ultimi spasmi vitali di mummie imbalsamate.

Detto tutto questo, facciamo un esame di coscienza e chiediamoci: davvero abbiamo bisogno di tutta questa spazzatura nella nostra vita? Non sarebbe meglio spegnere la tv e fare altro, lasciando che Sanremo diventi obsoleto come, ad esempio, lo è diventato Miss Italia?

Quest’anno, facciamo un favore ai nostri cervelli: boicottiamo Sanremo e lasciamo che la Rai capisca che, nonostante il canone obbligatorio, l’unica strada che ha davanti è quella di cambiare, di evolversi, per raccontare un’Italia moderna e non offrirci spettacoli imbarazzanti come quello di oggi.

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