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Quel pasticciaccio antico di viale Mazzini

Esiste un cordone ombelicale che lega la Rai con il mondo della politica, influenzando l'organizzazione della tv di Stato e i suoi programmi.

Quel pasticciaccio antico di viale Mazzini
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25 Luglio 2014 - 09.09


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di Nuccio Fava

Il presidente Renzi reso più baldanzoso dallo straordinario successo alle europee, prosegue con determinazione inarrestabile ad andare comunque avanti, minacciando tutti ai lavori “forzati” non solo a palazzo Chigi, ma soprattutto al Senato e in generale per le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale. In tanto fervore stakanovista non ha forse avuto tempo di dedicare una qualche riflessione al pianeta Rai, realtà complessa non da oggi a causa dei suoi continui intrecci con la politica e per una spartizione codificata e da tutti nella pratica condivisa, attraverso le varie testate, le tre reti e i vari organigrammi decisi sostanzialmente con spartizioni più o meno brillanti e cercando di non scontentare nessuno a destra come a sinistra. Una sorta di grande “ di porta a porta” permanente con vari tentativi di riciclaggio come nel caso di Ballarò e dei talk show anche mattutini. Fare saltare questo schema fin troppo consolidato è in certa misura la premessa di ogni riforma. A parole, esponenti di tutti gli schieramenti hanno dichiarato la necessità di superare lo schema di cui sopra, senza però approdare mai a risultati significativi.

La ragione è da ricercarsi ovviamente nel cordone ombelicale che ha sempre legato la Rai alle forze politiche, sotto la copertura ambigua e costituzionalmente discutibile della commissione bicamerale di indirizzo e vigilanza. Il governo Monti ha a suo tempo indicato due personalità indipendenti per la presidenza e la direzione generale, al fine di avviare un positivo percorso di cambiamento. Il presidente Renzi ha invece chiesto, durante una intervista a Ballarò, il versamento di 250 milioni quale contributo della Rai ai generali sacrifici degli italiani in tempo di grave crisi. Scelta dal metodo tipicamente renziano, necessaria e forse opportuna e indispensabile, non accompagnata però da alcuna riflessione più ampia e magari da qualche indicazione progettuale rispetto allo stato di non poche criticità presenti da tempo nel servizio pubblico. Per intanto qualche progetto di cambiamento e qualche idea per possibili riorganizzazioni- specie nel settore dell’informazione- affiorano dalle interviste di questi giorni da parte della presidente Tarantola e del direttore Gubitosi.

Forse vogliono essere sassi in piccionaia ,spunti per sondare il terreno o lo stagno, sapendo in ogni caso che decisivo resterà comunque il confronto, ineludibile, con la politica. Sta lì il nodo di fondo, espresso come alibi e condizionamento strutturale dalla commissione di vigilanza che trascina i suoi effetti nefasti sullo stesso assetto organizzativo e la governance dell’azienda di viale Mazzini. Lo stato dell’informazione, ma anche dell’intrattenimento e svago, della cultura e della riflessione storica ed etico- civile, financo dello sport e di tematiche fondamentali quali l’Europa, l’unità nazionale e la complessa articolazione regionale,culturale e socio-economica del Paese, richiederebbero un’attenzione non congiunturale alla responsabilità e alla funzione della Rai nella democrazia italiana.

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