Quando entrerà in funzione, promettono i costruttori, produrrà un catalogo – una survey, come dicono gli astronomi – con più galassie di quanti non siano gli abitanti della Terra: decine di miliardi d’oggetti. E sarà in grado di sfornare ogni notte l’equivalente di 800 mila fotografie a definizione standard. Per un totale di – amanti dei big data, prendete nota – 6 milioni di gigabyte ogni anno. Tutto grazie a una caratteristica da Guinness dei primati: un rivelatore a CCD da 3.2 gigapixel. Che tradotto in lettere fa tre miliardi e duecento milioni di puntini colorati: una definizione pari ad oltre il doppio di quella di Pan-STARRS, la più grande camera digitale a oggi esistente.
La mostruosa macchina fotografica di cui stiamo parlando non è fantascienza: proprio in queste ore il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America ha alzato il disco verde che dà ufficialmente il via alla fase di realizzazione. Tempo previsto: cinque anni. Dopodiché, superati test e collaudi, verrà piazzata nel bulbo oculare del Large Synoptic Survey Telescope (LSST), un super-telescopio della classe 10 metri attualmente in costruzione a Cerro Pachón, in Cile, dove diventerà operativa nel 2022.
La realizzazione è affidata perlopiù allo SLAC National Accelerator Laboratory di Stanford, e una volta terminata certo non la si potrà portare in spalla: grande più o meno come un’utilitaria, la camera monstre dell’LSST peserà infatti oltre tre tonnellate. Se mai qualcuno volesse visualizzare alla massima risoluzione le foto che scatterà, per ogni singola immagine dovrebbe dotarsi di circa 1500 televisori ad alta definizione. Ma l’intenzione degli astrofisici è di sfruttarne le incredibili capacità, più che per produrre gigantografie mozzafiato, per cercare di capire qualcosa di più circa le componenti più oscure dell’universo: la dark matter e la dark energy.