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Rising Star: Valentina D’Andrea

Un nuovo volto della scena italiana entra nella gallery di Rising Star: questa settimana la protagonista è Valentina D’Andrea.

Rising Star: Valentina D’Andrea
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3 Dicembre 2015 - 10.42


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di Nicole Jallin

«All’inizio volevo fare la giornalista: ho studiato per diventarlo. Volevo seguire l’attrazione per la penna, perché c’era nella scrittura una dolce valvola di sfogo che liberava una parte di me nascosta, ignota, imperfetta. Ma sentivo anche un senso di mancanza, sottile e assordante: il teatro, prepotente e passionale, ha colmato quel “vuoto” che pesava su mente e cuore, e mi ha indicato la strada». Parla per emozioni, Valentina D’Andrea, attrice, regista e autrice abruzzese da anni trapiantata nella capitale. Parla di sé, degli inizi difficili e speranzosi, delle successive fatiche e soddisfazioni, e dei suoi desideri artistici, forti, viscerali, inseguendo sensazioni immediate ed epidermiche che danno forma alle sue parole.

Istintiva. Emotiva. Risoluta: la personalità predisposta alla versatilità creativa di Valentina si fa sentire già nel periodo formativo, segnato da anni di studi e laboratori che vanno dagli spettacoli di strada, ideati, messi in scena e interpretati con la compagnia dei Benandanti, alla danza latino-americana (con conseguenti tre diplomi) e all’uso dei trampoli; dal teatro-danza (con lezioni di Tania Khoborova, Antonio Viganò, Enrico Messina, Filippo Ughi, e Micaela Sapienza) alla recitazione, alla ricerca sulla partitura corporale dell’attore, e alla redazione drammaturgica, con percorsi costruiti accanto a Ives Le Breton, Leo Bassi, Andrea Cosentino, Eleonora Danco, Rezza/Mastrella, Oscar De Summa, Marco Andreoli, Giorgio Barberio Corsetti, Roberto Latini, Flavio Albanese, fino a Marigia Maggipinto, danzatrice del Tanztheater Pina Bausch, e Francis Pardeilhan dell’Odin Teatret di Eugenio Barba.

Il lavoro di progettualità scenica con cui si misura Valentina attraversa, da dentro, storie e personaggi con una testualità di accattivante poeticità contemporanea, un’insolita scaltrezza registica e un incisivo cospetto interpretativo. Prove concrete ne sono stati gli allestimenti teatrali di “Con amore Marc e Bella Chagall” e “L’Una dell’Altra” (che ha debuttato al Roma Fringe Festival 2015), cui si riconducono testo, direzione e recitazione.

Inoltre, firma le regie a titoli come “La caduta”, “Sora Laura”, “Le fiabe dei fratelli Grimm”, “Le fiabe di Andersen”, ai quali si aggiungono “Poetar divino”, co-diretto con Simone Càstano, e “Oerrore”, nella regia condivisa con Gabriella Ciarlantini: «Per la scena come per lo schermo scrivo partendo da fatti, anche banali, quotidiani, che mi sono accaduti, che mi appartengono personalmente, oppure che appartengono agli altri e che ho avuto l’opportunità d’incontrare. Ecco, celebro questo incontro con me stessa e con gli altri spogliandolo nella scrittura della drammaturgia o della sceneggiatura, della regia e della recitazione. Sento il bisogno di farlo, di comunicare con le persone e la sola recitazione non mi basta: la scrittura mi permette di mettere da parte l’ego da attrice. Lo ammetto: vorrei dirigere e osservare da “fuori” un mio lavoro senza esserne interprete. Però, ammetto anche questo, non riesco e non voglio allontanarmi dal palco. Non ancora».

Nel frattempo, Valentina si dona attorialmente in opere che vanno dal “Giulio Cesare” diretto di Claretta Carotenuto alla “Bisbetica domata” di Armando Pugliese, dalla “Medea” con regia di Giovanni Nardoni al “Flauto magico” diretto da Pino Cormani; e ancora “Opera panica” di Alejandro Jodorowsky con regia di Pietro Dattola, “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, diretto da Lauro Versari, “Shoah: l’odore del ricordo”, regia di Francesco Campanile e Nunzio Zuzio, e “Apocalisse sobria” con direzione di Elvira Frosini.

Non mancano poi gli spot pubblicitari e la voce prestata a doppiaggio e speakeraggio; non manca la televisione, che su tutti la vede a fianco di Virna Lisi in “Fidati di me”; il cortometraggio, con una lunga lista di presenze tra le quali il recente “Dindalò”, anche in qualità di sceneggiatrice, diretto da Simone Paravolo; “Tell me a story” di Vincenzo D’Onofrio, “8mm” di Pasquale D’Aiello, “L’intrusa” di Renato Francisi, “Il selezionatore” di Adriano Vianello, “Basement” di Valentino D’Ercole Ravalli, “Déjà vu” di Francesco Luca Ricci. E non sono mancati i lungometraggi come “Non fare cerimonie” di Antonio Andrisani e regia di Vito De Feo, “Almeno speriamo che sia domenica” di Vincenzo Corvino, “In apnea” di Andrea Pedna, “Sognando sognando” di Carlo Pulerà e “La storia di Manuel” di Davide Gillo e Fabiola Liotti. Un presente fitto di collaborazioni ed esperienze importanti: «Il periodo più bello? Adesso. L’oggi che vivo nella consapevolezza della crescita e nella scoperta di una forma d’indipendenza che riverso sulla scena, cogliendo i momenti che voglio raccontare, sentendomi pronta per affrontare situazioni che io stessa cerco e creo. Adesso mi sto scoprendo e conoscendo progressivamente: perciò sì, questo è il periodo più bello».

Intanto, la giovane artista, attualmente impegnata con le riprese del film “Le terre rosse” di Giovanni Brancale, prodotto da Estravagofilm, tratto dal romanzo paterno Il Rinnegato di Giuseppe Brancale, e ambientato nel periodo unitario, sarà il 22 e 23 dicembre al Teatro Lo Spazio di Roma riproponendo “L’Una dell’Altra”, con – annuncia l’autrice – modifiche nel tessuto semantico-narrativo.

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