Ogni data uno spettacolo diverso, non si capisce bene quanto il tutto sia preparato quanto improvvisato. La dimestichezza e la bravura di Paolo Rossi non lasciano posto alla finzione, tutto succede in quel momento, credi alla spontaneità anche quando tutto è costruito e in fondo da spettatore non ti interessa neppure, perché lui ti rapisce e porta in un mondo dove si intrecciano risate, episodi di vita vissuti e il presente.
Il qui ed ora del teatro, Rossi lo esalta e ne trae da esso grande forza. Ieri nella pomeridiana al Teatro Vittoria a Roma, dopo l’inizio con il volo del calabrone eseguito e arrangiato in modo originale dei tre musicisti (chitarra elettrica, contrabbasso e fisarmonica) che lo accompagnano per tutto lo spettacolo, Paolo Rossi mette subito un braccio fuori dal palcoscenico e dice: ‘Vedete siamo qui non c’è uno schermo, non c’è nulla che ci separa siamo qui insieme’.
Entra in palcoscenico scalzo, dichiara che sarà ‘uno spettacolo tipo in prova ma è tutto fissato per sembrare in prova e poi è improvvisato’. L’attore comico che si definisce ‘artista per modo di dire’ racconta di essere stato espulso dall’accademia sia come attore che come insegnante, quindi l’unico diploma che ha è quello di chimica. Ha fatto anche lui il militare come carrista, congedato come sergente perché era il più alto dei 7 suoi compagni sardi.
Battute storiche sui nomi degli aeroporti: Mal pensa – chi crede di ritrovare il bagagli, Li-nate le speranze di trovare le valige, Capo di Chino – rassegnati le valige sono perse.
La prima regola del comico: non avere paura della morte, basti pensare ad Arlecchino che nella maschera ha un corno in testa in quanto era un diavoletto che andava e veniva dall’aldilà. Parla di come i comici abbiano epitaffi unici: Walter Chiari, che notoriamente soffriva di una grave insonnia ha voluto fosse scritto sulla sua tomba: ‘Tranquilli è solo sonno arretrato’. Un altro comico minore: ‘Sono morto tante volte ma così mai’. ‘Io – dice – il mio ce l’ho già : Vi aspetto!.’
Attraverso i sogni, Rossi confessa che qualche capatina nell’aldilà lo fa e racconta: ‘La seconda volta che sono stato nell’aldilà sono andato in Paradiso e l’ho trovato vuoto, in Purgatorio ed era come un reparto di neurologia, l’inferno: un paradiso per un comico. […] Tra varie situazioni esilaranti, ad un certo punto mi imbatto in convegno sulla satira: con quattro appena arrivati da Parigi. Si diceva che deve far ridere e arrabbiare, se fa solo ridere è comicità se fa solo arrabbiare non è satira.’ Oltre a ridere all’inferno si riflette.
Quindi il comico non deve temere la morte e ha il compito di togliere la paure agli altri ma osserva Rossi: ‘Oggi fare il comico è quasi impossibile perché come si può fare la parodia della parodia (la nostra realtà è già una parodia)”.
‘Anche io soffro di insonnia – dice – anche se non come Walter Chiari, e per dormire a volte penso alle cose della giornata, mi viene in mente l’Isis! Mamma che paura! Ma allo stesso tempo ma che razza di sigla è? Sembra una sigla di un supermercato : ‘la Coop è con te, l’Isis contro’.
Passa poi al coming out, svelando: ‘Quando eravamo duri e puri, nella lotta a sinistra, non potevamo cantare Battisti – fa cantare alla platea ‘I giardini di marzo’ e poi analizza le parole e pone una domanda: ‘Ma come fanno a sfiorire i fiori di un vestito? Qui non ci si rende conto che si entra nella psicadelia’.
A proposito di Sinistra racconta: ‘Sono stato anche io di sinistra e lo sarei ancora se sapessi dov’è. Il problema oggi è che ci sono i mediocri e quelli di talento ma quelli di talento si svegliano sempre almeno un’ora dopo, quindi i mediocri hanno sempre un’ora di vantaggio senza contare che poi magari quando quelli di talento si svegliano e pensano : ‘Ma per colazione mi faccio la cioccolata bio o il te verde delle raccolte equosolidali?’ Oggi regna l’approssimazione, si fanno corsi di paracadutismo on line! Ma vi rendete conto!’
Parlando del teatro dell’assurdo, racconta di una performance che ha in mente e che quando farà, gli permetterà di raggiungere il massimo della soddisfazione: ‘Un giorno giuro che vado a vedere un ‘Aspettando Godot’ e ad un certo punto salgo sul palco e dico: Salve sono Godot! Sono 60 anni che vi cerco, mi avete dato un appuntamento sotto un albero ma vi rendete conto?!’
Ricorda più volte Jannacc in questo dove spettacolo non racconta una storia ma tante piccole storie, tanti aneddoti, episodi e battute, in cui si destreggia grazie al talento innegabile, un’intelligenza fine e spietata ma dolce al contempo.