Torna a far parlare di sé lo street artist britannico Bansky, che rompe il silenzio mediatico confermando, tramite i propri canali social, la paternità di un nuovo intervento urbano che ha raddoppiato la sua presenza nelle strade londinesi. Se nelle scorse ore un primo murale era apparso a Tottenham Court Road, sul perimetro del celebre Centre Point, un’opera identica è stata rivendicata nella zona di Bayswater.
La doppia incursione non ha sorpreso Stefano Antonelli, curatore ed esperto dell’opera di Banksy, che aveva già attribuito con certezza il primo lavoro al writer ribelle prima ancora dell’ufficialità. Le immagini, realizzate con la tecnica del chiaroscuro, colpiscono per la loro cruda semplicità: mostrano un bambino disteso a terra in primo piano, mentre accanto a lui una sagoma oscura più imponente punta l’indice verso l’alto, in direzione dei grandi palazzi che dominano lo skyline della metropoli.
Si tratta di un’estetica potente che sembra voler forzare l’occhio del passante a guardare oltre la superficie, mettendo in comunicazione la precarietà del suolo con l’imponenza delle architetture cittadine. La scelta di replicare lo stesso soggetto in due aree diverse della città non sembra casuale, ma punta a creare un memento visivo in zone storicamente toccate dalla marginalità sociale. Il messaggio dell’incursione, come ipotizzato da Antonelli e avvalorato alla Bbc dallo street artist Daniel Lloyd-Morgan, appare come una netta denuncia dell’emarginazione dei senzatetto, con un’attenzione particolare ai bambini homeless, il cui numero è tornato drammaticamente a crescere nel Regno Unito.
Non è la prima volta che l’artista affronta il tema durante il periodo natalizio; già nel 2019, a Brighton, Banksy aveva scosso l’opinione pubblica con il celebre murale del clochard trasportato in cielo dalle renne di Babbo Natale. La scelta dei luoghi non appare affatto casuale, specialmente per quanto riguarda il complesso di Centre Point. La torre di 34 piani che sovrasta l’opera è un simbolo carico di storia sociale: come ricordato da Antonelli, l’edificio venne “occupata nel 1974 da alcuni attivisti per sensibilizzare l’opinione pubblica” proprio sulla crisi degli alloggi. Collocando il suo lavoro all’ombra di quello che fu un esperimento di edilizia popolare, Banksy crea un ponte temporale tra le lotte degli anni Settanta e l’attuale emergenza abitativa.
Queste opere gemelle sono destinate a rimanere come un memento visivo in quartieri storicamente segnati dalla marginalità. Attraverso il suo tratto inconfondibile, l’artista di Bristol trasforma ancora una volta i muri della capitale in un manifesto politico, costringendo una città in continua corsa a fermarsi e riflettere su chi, in quegli stessi spazi, non possiede nemmeno un tetto sotto cui ripararsi.