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Avetrana non è Hollywood: perché il sindaco vuole bloccare la serie tv

Il giudice della sezione civile del Tribunale di Taranto ha accolto il ricorso presentato da Antonio Iazzi. Per ora c' è solo il trailer che era stato presentato alla Festa del cinema di Roma.

Avetrana non è Hollywood: perché il sindaco vuole bloccare la serie tv
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23 Ottobre 2024 - 17.12 Culture


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di Manuela Ballo

Avetrana è o non è Hollywood, Avetrana sarà messa o non sarà messa in onda?
La serie tv ispirata all’ omicidio di Sarah Scazzi, dal titolo perlappunto : “Avetrana-Qui non è Hollywood” doveva uscire questo venerdì sulla piattaforma Disney+ e, invece, dopo una serie di polemiche, oggi, Antonio Attanasio (giudice della sezione civile del Tribunale di Taranto) ha accolto il ricorso d’urgenza presentato dal sindaco di Avetrana Antonio Iazzi. Guardando il trailer, presentato in anteprima mondiale alla festa del cinema di Roma, non viene fuori nulla che possa andare a ledere la dignità della comunità del paesino.

Entriamo nel merito della contesa. Il sindaco sostiene che: “La messa in onda del prodotto cinematografico rischia di determinare – prescindendo anche dal contenuto che al momento si ignora – un ulteriore attentato ai diritti della personalità dell’ente comunale, accentuando il pregiudizio che il titolo già lascia presagire nel catapultare l’attenzione dell’utente sul territorio più che sul caso di cronaca”.

Il sindaco avrà le sue buone ragioni nel preoccuparsi del futuro giudizio negativo che gli spettatori potrebbero avere, sta di fatto però che chi doveva crearsi un pensiero avrebbe dovuto già crearselo all’ indomani del delitto. In quelle ore e nei giorni successivi piombarono in quel paese troupe televisive di mezzo mondo, non ci fu televisione che non dedicasse ore e ore di trasmissioni o talk show al caso.

Ricordo che si parlò, allora, di una forma di turismo macabro, quello di visitatori che dalle zone limitrofe si recavano ad Avetrana per vedere i luoghi del delitto .Da li è iniziato un processo di spettacolarizzazione sul caso e sui personaggi coinvolti che sono diventati sempre più noti al pubblico di massa e al pubblico televisivo e sulla vita che questi protagonisti conducevano in paese e nelle loro abitazioni.

Se un allarme doveva esser lanciato , lo stesso allarme sarebbe stato maggiormente credibile se fosse stato fatto nel bel mezzo e nel pieno dell’overdose comunicativa prodotta dal delitto. Questo non  risulta che sia stato fatto e, comunque, le prese di posizione (se ci sono state) non sono mai state tanto rilevanti da oscurare il perpetuo interesse del sistema mediatico verso il caso e, conseguentemente, verso il paese.

Non sappiamo cosa decideranno i giudici e non sappiamo, come detto, quale sia il reale contenuto della serie televisiva , dal momento che un trailer non è sufficiente per emettere critiche o giudizi.
Una notazione posso farla sul titolo: a rendere un piccolo paese dell’ Italia meridionale più simile ad Hollywood che a qualsiasi altra località del nostro Paese ha certamente concorso il sistema dei media italiani e internazionali.

Il fenomeno della spettacolarizzazione della cronaca nera è un fenomeno oramai da tempo dilagante, forse tutto è nato con Cogne. Altrettante battage comunicative furono fatte e vengono ancora fatte su tutti i casi di cronaca che hanno interessato il nostro Paese.

La cronaca nera è stata e continua ad essere una fonte inesauribile di ispirazione, sia per il giornalismo che per la letteratura e anche, naturalmente, per il cinema. Questo perché offre agli artisti la possibilità di esplorare le profondità dell’animo umano e le ombre della società. I delitti hanno infatti la capacità di catturare l’ attenzione del pubblico perché riescono a legare la veridicità dei fatti con le pulsioni più naturali dei cittadini, ecco perché nei palinsesti televisivi e nelle pagine dei giornali nazionali lo spazio riservato alla cronaca è diventato estremamente rilevante. Gran parte di questi fatti di cronaca nera producono, inoltre, uno degli effetti dei media più conosciuti: la serialità. Questa dà continuità allo “spettacolo del dolore” che permette ai singoli telespettatori di diventare addirittura amatori delle sofferenze.

Non so come andrà a finire questa querelle, ma su un punto bisogna essere chiari: non può esistere un Paese in cui la magistratura blocca la visione di opere artistiche, di film impedendone  la visione. Se così fosse torneremmo davvero indietro di molti e molti anni.

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