Stamattina, alle 8:40 ora locale, è morto in un ospedale di Tirana per infarto lo scrittore che aveva denunciato la dittatura filosovietica in Albania ed era stato capace di elaborare nelle sue opere la storia e i miti del suo Paese in narrazioni di respiro universale.
Considerato uno dei maggiori autori dell’Europa orientale e il più grande autore albanese, tradotto in 45 lingue e vincitore dei più prestigiosi premi letterari, più volte era stato candidato al premio Nobel per la letteratura. L’ultimo premio risale al 2023, quando il Presidente francese Macron lo ha nominato Gran Ufficiale della Legione d’Onore.
Laureato in storia e filologia presso l’Università di Tirana, studiò per due anni letteratura all’Istituto Gor’kij a Mosca, ma fu costretto ad abbandonare gli studi a causa dei difficili rapporti diplomatici tra il proprio Paese e l’Unione Sovietica. Tornato in patria, iniziò la sua carriera come giornalista nella rivista Drita (“Luce”), passando poi alla direzione della rivista Les lettres albanaises.
Dopo l’esordio come poeta, fu il suo primo romanzo, “Il generale dell’armata morta” a renderlo noto a livello internazionale. Il romanzo, pubblicato in Albania nel 1963 e tradotto in Italia nel 1982, narra la storia di un generale e di un prete italiani che, vent’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, vogliono cercare e riportare in Patria i resti dei soldati italiani caduti in Albania. Nel 1983 Luciano Tovoli ne trasse un film con Marcello Mastroianni e Michel Piccoli.
Nei romanzi successivi, Kadare aveva rielaborato storie e leggende del suo Paese, usando allegorie politiche per criticare il regime comunista, e per questo molti suoi libri erano stati banditi.
Esiliato volontariamente in Francia nel 1990, tornò in Albania alla caduta del regime due anni dopo.
In Italia negli ultimi anni è in corso di riedizione la sua opera.