L’architettura dell’Italia alla Biennale: per salvarci servono “resilienza”, “gender fluid”, “ecologia”   | Giornale dello Spettacolo
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L’architettura dell’Italia alla Biennale: per salvarci servono “resilienza”, “gender fluid”, “ecologia”  

Il curatore del Padiglione a Venezia Alessandro Melis manifesta un bisogno diffuso di trovare soluzioni alternative al disastro ambientale e sociale del pianeta

L’architettura dell’Italia alla Biennale: per salvarci servono “resilienza”, “gender fluid”, “ecologia”  
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Stefano Miliani Modifica articolo

27 Aprile 2021 - 08.02


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“Comunità resilienti”; una mostra a “basso impatto ecologico” ovvero che impiega materiali già usati in edizioni precedenti; una filosofia “gender fluid”; un ampio uso delle tecnologie più avanzate, scienze, arti e letterature a braccetto. La 17esima mostra dell’architettura della Biennale di Venezia si tiene dal 22 maggio al 21 novembre (clicca qui per il sito) e il padiglione italiano alle Tese delle Vergini, all’Arsenale, ha come curatore Alessandro Melis: sardo 51enne, a Pisa Melis dirige lo studio Heliopolis 21 insieme al fratello Gian Luigi e ha intitolato la mostra «Comunità resilienti» (clicca qui per il sito).

L’architetto nel presentare online la sua rassegna qualche giorno fa ha più volte richiamato i concetti riportati sopra. E quelle parole sono la spia di un bisogno diffuso, in evoluzione, approdato anche ai piani alti delle organizzazioni culturali: Melis manifesta la necessità di ripensare il nostro modo di vivere, non solo di abitare, di immaginare le nostre città, il nostro pianeta. Perché sta prendendo forma una consapevolezza a livello collettivo, al di là degli scienziati e degli attivisti dell’ambiente: se andiamo avanti così, come umanità, il disastro in corso sarà globale, nell’ambiente anzi tutto, e sarà inevitabile. 

Il curatore del padiglione viene nominato dal ministro della Cultura e Melis, a giudicare dalla conferenza stampa su Zoom, è un entusiasta. Certo l’architetto ha un approccio generoso che mette il nostro sistema di vita collettiva in discussione. Non parla “facile”, mastica la complessità come noi mastichiamo un panino e intende usare più saperi senza separare cultura umanistica e scientifica. Non ci sarà da aspettatersi una sequenza di plastici e progetti. Le Biennali di architettura hanno preso da tempo la strada del contaminarsi con le arti visive e l’architetto sardo la imbocca deciso. “Vogliamo esplorare un mondo, non solo dell’architettura e dell’arte ma delle possibilità”. Vuole “una mostra che sia un sismografo, che senta le ispirazioni da altri mondi dell’arte e della ricerca in generale”.

I suoi riferimenti spaziano nei saperi come oggi è pratica diffusa: cita lo zoologo, biologo e paleontologo americano Stephen Jay Gould (1941-2002), cita il filosofo della biologia Telmo Piovani, rimanda agli obiettivi “Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile alla base dell’Agenda 2030” dell’Onu e porta a modello casi concreti come può essere quello di Peccioli: nel pisano il Comune ha creato un impianto di smaltimento e trattamento dei rifiuti attento ed ecologicamente equilibrio che ha portato utili alla comunità, opere d’arte e ha fatto guadagnare al sito un posto tra le “bandiere arancioni” del Touring Club (clicca qui per la pagina web del sito del Tci).   

“Non distinguiamo tra aspetti scientifici e artistici”, risponde Melis alla domanda di un giornalista. Antropologia, scienze e scienziati, tecnologie tra le più avanzate, cinema con richiami a film come “Blade Runner”, fumetti, letteratura di fantascienza. È la cultura odierna fondata sull’eclettismo. Con installazioni e cyberwall, ha forse ragione il curatore quando osserva che il pubblico più giovane probabilmente apprezzerà di più il suo approccio. Par di intendere che Melis voglia aprire tragitti emotivi, non soltanto razionali, in grado di stimolare pensieri creativi per superare l’enorme crisi globale, ecologica, sanitaria, di convivenza, in cui siamo immersi. “Vogliamo esplorare le marginalizzazioni non per ragioni etiche ma per cogliere i rumori di fondo: in quella marginalità e nei rumori di fondo si trova la soluzione ai problemi”, la nostra “è una esplorazione della resilienza umana che risiede nella creatività, è un viaggio nel cuore di tenebra per veder un futuro migliore”, avverte ancora Selis riconoscendo che “l’architettura non ha sempre avuto un ruolo positivo” e facendo capire di avere fiducia e di voler andare oltre, di non voler sottostare allo sconforto. 

Roberto Ciccuto, presidente della Biennale, avverte che si potrà andare alla mostra prenotando e che ogni distanziamento e misura di sicurezza anti-covid è garantita; il Direttore Generale Creatività Contemporanea del ministero (l’organismo che sostiene e promuove il padiglione italiano) Onofrio Cutaia è il commissario del Padiglione Italia e ricorda tra altre cose che l’investimento sulla mostra è di 600mila euro, “una cifra raddoppiata grazie anche agli sponsor” e aggiunge che “i nostri artisti e progettisti possono aiutarci molto a disegnare un percorso nuovo”.

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