di Giordano Casiraghi
È mancato all’età di novant’anni nel febbraio 2020, Paolo Castaldi viene ora ricordato con libri e serate musicali. Tra il 1975 e 1976 ha condiviso con Franco Battiato il palco di numerosi concerti. Nella collana di album Nova Musicha editati dalla Cramps di Gianni Sassi è uscito Finale, musiche di Castaldi suonate al pianoforte da Giancarlo Cardini. Ora la Fondazione Mudima ha pubblicato due volumi prestigiosi con la classica copertina rossa cartonata, come quelli che ha dedicato a John Cage e Gianni Sassi. Il primo, Nuovi testi e variazioni senza tema (311 pagg. 40€) raccoglie numerosi scritti. Si parte con un capitolo dove l’autore ricorda John Cage, nello specifico di quella volta che nel dicembre 1977 arrivò a Milano per un happening. L’altro libro è A viva voce – Conversazioni con i miei allevi (383 pagg. 30€). Tantissimi argomenti, per raccontare tra l’altro di Chopin, Haendel, Goethe, Mussorgski, Walt Whitman, Borges, Schumann. Testo molto tecnico, adatto certamente ad allievi, ma non solo, perché Castaldi sa essere preciso, profondo e anche ironico nel procedere. Alla fine, per decine di pagine, si trovano come allegati alcuni testi, figure e tavole. Tra gli argomenti: L’Inghilterra nel contrappunto, Le scuole polifoniche fiamminghe, Armonici naturali degli archi, Gesti di movimento dei tempi.
Abbiamo chiamato a parlarne alcuni musicisti che l’hanno frequentato, cominciando da Danilo Lorenzini:
Paolo Castaldi ha rappresentato, per il panorama musicale italiano, una figura di assoluto rilievo in un momento nel quale il paradigma dominante sembrava essere “a complessità e dissonanze crescenti corrisponde crescente contemporaneità”. Egli ci ha invece spinto a riflettere sul fatto che una triade do-mi-sol, ad esempio, è solo una triade do-mi-sol; non è necessariamente do maggiore e, ad ogni modo, non è il do maggiore di Mozart o di Beethoven. Un’apparente banalità ma ricca di conseguenze sul piano del pensiero e dell’estetica musicali. Un suo scritto è stato per me incontro determinante e guida intellettuale per diverso tempo: l’articolo “Un’eredità di John Cage?”. Questo saggio mi ha stimolato a elaborare meglio le mie idee quando, neo diplomato, avevo sentore di ciò che avrei dovuto realizzare ma con tutte le incertezze che sono connaturate all’età acerba. Paolo Castaldi era una persona di estremo interesse, di cultura straordinaria ma soprattutto vivente. Una cultura vissuta come ho potuto riscontrare per esempio nei miei incontri con il compositore Luigi Dallapiccola, col biblista ed esegeta Gianfranco Ravasi e col regista ed uomo di teatro Eugenio Monti Colla.
Tornando a Castaldi va detto che ascoltarlo parlare era affascinante: aveva una particolare virtù affabulatoria, anche se spesso il dialogo si trasformava in un suo debordante monologo. Dotato di vivacissima intelligenza, possedeva un senso della logica spinto a volte così al di là dei limiti del normale senso comune da diventare un che di surreale. In campo compositivo è stato una figura particolare che potrei paragonare a quella di John Cage. Non ovviamente dal punto di vista stilistico, bensì per le feconde provocazioni estetiche, a suo tempo per me liberatorie. Devo ammettere che di Castaldi amo più il pensiero di quanto non mi coinvolga il risultato puramente sonoro dei suoi brani, pur riconoscendo alla sua musica una maestria di scrittura impeccabile. A lunghi tratti, però, suscita in me l’impressione di un aureo monologo. Per capirci: il contrario di quanto avviene in Mozart, che si pone in continuo dialogo e condivisione con chi lo sta ascoltando.
Perché è importante ricordare Paolo Castaldi? Perché ha saputo scardinare molti schemi, trasformatisi ormai in vere e proprie prigioni, di certa avanguardia di matrice teutonico-francese. Nel ricordato saggio “Un’eredità di John Cage?” egli scriveva (cito a memoria ma questo è il senso): “Stockhausen afferma che chiunque non concepisca la musica secondo i suoi principi starebbe al mondo come un abito dismesso. Ebbene, in poco tempo l’abito dismesso è diventato proprio lui.” Attraverso Castaldi la musica italiana del ventesimo secolo ha inaugurato quel periodo che oggi possiamo chiamare “post moderno”. Postmodernità che noi, nel presente, dobbiamo – seguendo l’esempio suo e di John Cage – superare. Come ci ricorda l’antica sapienza dei maestri zen: “Se incontri il Buddha per la strada, uccidilo”.
Già assessore alla Cultura del Comune di Milano, anche Filippo Del Corno ha conosciuto Paolo Castaldi:
È stato un importantissimo compositore e grande musicista che in vita non ha ricevuto la giusta attenzione, ma è tempo di iniziare un percorso critico che metta in luce la sua figura. Ci ha lasciato varie composizioni, non è stato prolifico anche perché aveva un metodo di lavoro autoselettivo, nel senso che tentava di imporre a se stesso una disciplina compositiva che lo portasse a risultati di cui era pienamente convinto. Ed è nei Settanta che Castaldi compone Notturno, Finale e Esercizio, brani per pianoforte che rappresentano un punto di svolta, primo esempio di post moderno in musica.
Ho avuto la fortuna di partecipare nel 1986 a un corso estivo di composizione da lui tenuto a Casciana Terme con il titolo di «Fondamenti teorici e pratiche del comporre post moderno». È stata un’esperienza cruciale per il mio percorso compositivo, Castaldi ha sempre vissuto la sua posizione di compositore postmoderno, a rappresentare la fine delle avanguardie e l’inizio di qualcosa di nuovo di cui molti sono debitori. Va detto che Castaldi non è stato solo un compositore ma anche uno studioso del pensiero musicale, come si legge nei libri che ha pubblicato con Adelphi dove svela l’importanza che Stravinsky e Debussy hanno avuto nello sviluppo musicale del 900.
Reperibili su cd le sue musiche per pianoforte del duo Antonella Moretti e Mauro Ravelli usciti per La Bottega Discantica. Delle sue idee si era interessato anche Luciano Berio, che lo ha intervistato nel 1972 per la serie di documentari per la Rai dal titolo «C’è musica & musica» rintracciabili in un cofanetto pubblicato da Real Cinema. Infine, giusto il 3 marzo vi sarà un omaggio a Castaldi con due appuntamenti da parte dei Pomeriggi Musicali a Milano. Si potranno ascoltare Refrains per pianoforte e orchestra, prima esecuzione assoluta, e Seven Slogans per orchestra.
E a concludere l’affettuoso ricordo di Antonio Ballista che tante volte ha interpretato le composizioni di Castaldi:
Paolo Castaldi da poco ci ha lasciato ed è già stato dimenticato. In vita come compositore geniale e acutissimo saggista (insuperabili per profondità e intuizione i suoi scritti su Debussy e Stravinsky) era stato apprezzatissimo da compositori e interprete tra i più perspicaci, ma vergognosamente disatteso dalle istituzioni musicali che promuovevano e foraggiavano l’avanguardia degli anni Cinquanta e oltre del secolo scorso.
Mancato riconoscimento dovuto allo strapotere ideologico della cosiddetta «Neue Musik» che concedeva diritto di cittadinanza solo ai compositori che intendevano fare tabula rasa di ogni residuo linguistico tradizionale. Esattamente l’opposto di quello che perseguiva la poetica di Paolo Castaldi, volta a un rinnovamento del linguaggio musicale ottenuto dalla contrapposizione di frammenti appartenenti alla tradizione. Operazione coltissima che, senza perdere nulla del passato, lo fa rivivere in modo assolutamente inedito. Una rivoluzione che va ben oltre le stesse istanze delle avanguardie, raggiungendo il punto culminante dell’ideologia postmoderna.
Come amico e confidente, fin dagli esordi dei nostri rispettivi studi accademici, ho avuto il grande privilegio di poter seguire da vicino tutta la sua evoluzione creativa e, come interprete della sua musica attraverso i suoi suggerimenti, ho potuto raggiungerne una profonda comprensione. Tra tutti i miei maestri, Paolo è stato quello che più di tutti ha influito sulla mia formazione ed evoluzione artistica