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Faber, sempre in direzione ostinata e contraria

A 20 anni dalla morte di Fabrizio De André, ricordiamo il grandissimo Fabrizio De André con le parole di Alfredo Franchini. [Ludovica Schiaroli]

Faber, sempre in direzione ostinata e contraria
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11 Gennaio 2019 - 09.17


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di Ludovica Schiaroli

«Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni
da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni»
Fabrizio De André

L’undici gennaio di 20 anni fa ci ha lasciato Fabrizio De André. Vogliamo ricordarlo con le parole di chi gli fu amico nell’ultimo periodo della sua vita, quello che il cantautore-poeta passò nella sua amata Sardegna. Alfredo Franchini giornalista e scrittore cagliaritano così lo racconta…

 

“Col tempo sai, col tempo tutto se ne va, cantava Leo Ferré, grande artista che, però, quella volta sbagliava: da quattordici anni Fabrizio De André si è “assentato” e io vorrei che fosse qui, il tempo non ha cancellato niente. Quella struggente canzone, un giorno, la ascoltai come per magia dalla voce dello stesso Fabrizio nella cucina della sua casa a Tempio. Era inverno, diluviava, la stradina che portava alla casa era letteralmente crollata e Fabrizio che raramente prendeva la chitarra, interpretò, con quella voce unica più potente di qualsiasi strumento musicale, la canzone di Leo.
Se c’era una persona che aveva una concezione di tempo “non contingentata”, era Fabrizio il quale si portava sulle spalle tutto il suo vissuto, tutte le persone che aveva incontrato, tutti i suoi morti. Mi impressionava la sua memoria, ricordava episodi per lui insignificanti accaduti vent’anni prima, e mi colpiva la grande disponibilità di tempo che dedicava agli ospiti che andavano a trovarlo, una disposizione così lontana dalla nozione atmosferica. Passaggi di tempo, così avrebbe definito la sua vita in Anime salve, il suo testamento spirituale.
Certo, da un altro punto di vista, Fabrizio non se n’è mai andato: nelle sue canzoni scritte in modo “universale”, lontano dai fatti contingenti, si parla di quanto accade oggi. Prendete qualsiasi disco e capirete che “nessuno può credersi assolto” se non coloro che hanno vissuto in direzione ostinata e contraria. Da quattordici anni, più di un centinaio di band si dedicano alla sua musica; i giovani lo scoprono e anche chi conosce a memoria quelle canzoni le riascolta trovando sempre qualcosa di nuovo. Ma non basta. Noi continuiamo a volergli bene e a considerarlo un punto di riferimento ma ci manca la sua umanità, l’ironia, la voglia di stare insieme, la capacità che aveva di far aumentare la nostra autostima.
Aveva un cattivo carattere ma era buono; sì non bisogna avere paura delle parole, come non ne aveva lui che sapeva selezionarle davvero bene: Fabrizio era una persona buona. Si indignava per le ingiustizie del mondo e la sua attrazione per i perdenti era reale, anche perché non sarebbe stato capace di scrivere una sola bugia in musica. Soprattutto era uno psicologo. Ho un carissimo amico, Franco, che io ho condotto due volte davanti a Fabrizio; poi non sono più riuscito a farli incontrare perché il mio amico sapeva che stare davanti a Faber era come sottoporsi a una radiografia. Se ti vedeva abbattuto sapeva come aiutarti e magari ti chiedeva un consiglio o un parere per farti sentire importante. Ricordo un concerto nello stadio di Pietra Ligure; lui sul palco era alle prese con Sinan Capudan Pascià e io ero proprio sotto la scaletta che conduceva davanti al pubblico. Finisce la canzone, si gira verso di me e mi chiede: “Come l’ho fatta? Non mi è riuscita tanto bene”… Fabrizio non era solo un poeta ma era anche un ottimo musicista e non aveva certo bisogno del mio giudizio. Per me era il Socrate del 2000, l’uomo che mentre camminava, o era intento a nutrire un vitello, ti spiegava come va il mondo”.
Alfredo Franchini giornalista della Nuova Sardegna è anche autore del libro “Uomini e donne di Fabrizio De André”. Edito per i tipi della Frilli Editori.

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