Un’anima fragile, in continua ricerca di risposte sul senso della vita e sulla felicità. Un desiderio di pace che non si sposava bene con la vita frenetica di una giovane star. Così la famiglia di Avicii, nome d’arte di Tim Bergling, il giovanissimo dj morto lo scorso 20 aprile, ha dichiarato in un comunicato, sottintendendo che l’artista si sia tolto la vita: “Tim non poteva più andare avanti. Voleva trovare la pace, ha lavorato a ritmi che lo hanno portato a livelli di stress estremo”.
Quando ha smesso di essere in tour, voleva trovare un equilibrio nella vita per essere felice e poter fare ciò che amava di più: la musica. Soffriva dei suoi pensieri sul significato della vita e sulla felicità. Non poteva più andare avanti. Voleva trovare la pace. Tim non è stato creato per essere una macchina; era un ragazzo sensibile che amava i suoi fan ma evitava volentieri i riflettori. Lo ameremo per sempre e siamo tristi perchè ci manca” recita il comunicato.
La chiusura è un ultimo messaggio d’amore: “La persona che eri e la tua musica manterranno vivo il tuo ricordo per sempre. Ti amiamo, la tua famiglia”.
Gli investigatori avevano già chiuso la pista criminale, e ora il suicidio sembra la spiegazione più plausibile a una morte che ha sconvolto il mondo della musica mondiale, in cui Avicii era entrato giovanissimo, a soli 21 anni.