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Nessuno mi può giudicare, 50 anni di un successo

Il brano lanciò Caterina Caselli. Rifiutato a Sanremo da Celentano, favorì il boom di Casco d’oro. L’attualità di un testo rivoluzionario e di una musica travolgente.

Nessuno mi può giudicare, 50 anni di un successo
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1 Febbraio 2016 - 15.38


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di Francesco Troncarelli Ognuno ha il diritto di vivere come può, la verità ti fa male lo so

Quando una canzone diventa un successo immediato. Quando uno dei tanti diventa all’improvviso un nome importante. Quando Sanremo lanciava brani destinati a restare e personaggi di grande carisma. Questo e altro ancora è stato “Nessuno mi può giudicare”, il brano lanciato da Caterina Caselli nel Sanremo del 66 che proprio in questi giorni, esattamente 50 anni fa, scalava la mitica Hit parade condotta da Lelio Luttazzi arrivando a sorpresa prima.

E’ la storia di un brano divenuto una sorta di inno generazionale di una gioventù che attraverso la musica cercava nuovi miti e nuovi riti da condividere, tra minigonne, capelli che si allungavano sempre di più e una voglia di vivere la vita senza condizionamenti e restrizioni. Molto prima del’68.

Ed è anche la storia di una cantante che andava controcorrente rispetto alle altre che affollavano la scena musicale di quegli anni, composta da ugole d’oro e signore della canzone, e non tanto perché aveva fatto la gavetta nelle balere emiliane, fucina e palestra di tanti artisti da sempre, dove suonava il basso insieme al suo gruppo, gli Amici, ma perché quando si esibiva con la sua carica vitale ed artistica, riusciva a rappresentare meglio di tutte quel vento di novità che molti sognavano e cercavano di praticare.

Caterina Caselli era il beat coniugato al femminile, era la voce che stupiva più di tutti, era l’artista che si dimenava con le mani e le braccia a tempo di shake e lanciava messaggi rivoluzionari dal palco tradizionalista del festival: “ognuno ha diritto di vivere come può”. Una cosa incredibile e dal forte impatto, altro che amore che fa rima con cuore.

E pensare però, che la canzone ha una storia tutta sua, molto particolare, che fa capire come a volte, cambiando lo scenario, cioè protagonisti e modo d’esecuzione, possa cambiare tutto, compreso il significato originale del testo, decretandone così un successo imprevedibile al momento della ideazione.

“Nessuno mi può giudicare” infatti nacque su un’idea di Luciano Beretta per Adriano Celentano. Partendo da una frase musicale in cui è facile individuare una citazione del classico napoletano ‘Fenesta ca lucive’, realizzò insieme a Michi Del Prete un pezzo che doveva inserirsi nel filone “retrò” con cui Celentano aveva sfondato anche presso gli adulti, ossia tanghi alla Frankie Lane come ‘Grazie, prego, scusi’ o ‘Si è spento il sole’. Daniele Pace e Mario Panzeri con la collaborazione di Pilade, scrissero un testo in tema a quelle atmosfere e Celentano incise così il provino per il Festival.

Prima di presentarlo alla commissione però, il ripensamento. Celentano abbandona il tango e punta per Sanremo tutto sulla ballata folk “Il ragazzo della via Gluck” in cui crede di più. E la storia, anzi la musica cambia. Entra in scena la CGD della famiglia Sugar che decide di affidarlo alla giovane (20 anni) e sconosciuta al grande pubblico Caterina Caselli (due dischi alle spalle passati inosservati e una serie di esibizioni dal vivo fra cui il Piper), su cui punta molto e spera in un’affermazione. E’ un azzardo mandarla al festival, ma la mossa viene premiata.

Caterina entra in scena con un’acconciatura bionda e a caschetto in stile Beatles ideata appositamente per lei, castana e con i capelli lunghi, dai celebri stilisti Vergottini di Milano e fa subito colpo, da quel momento si guadagnerà il soprannome di “Casco d’oro”. La canzone riarrangiata dal suo pianista Ivo Callegari è tutta un’altra cosa, la lentezza del tango è soppiantata dal ritmo frenetico e incalzante del beat di cui Caterina è un’interprete collaudata. La sua foga si sposa così perfettamente con la musica travolgente e il pubblico stropiccia gli occhi mentre i giovani esultano. E’ un trionfo.

L’impatto del brano è di quelli destinati a fare epoca. Tutti cantano “Nessuno mi può giudicare”, titolo che echeggia antagonismo e rabbia giovanile e che diviene anche un tormentone nel lessico quotidiano. Il testo poi che dal maschile è passato al femminile, trasforma ovviamente l’idea base della canzone. Adesso è una donna ad essere la traditrice consapevole, dimostrando di avere in mano il futuro della coppia potendo scegliere tra un partner e l’altro. In quella Italia che si affaccia timidamente alla rivoluzione dei costumi, la canzone ha un effetto notevole.

Arrivato secondo a quel Sanremo presentato da Mike Bongiorno, “Nessuno mi può giudicare” sfonda nelle vendite, sarà in testa nella classifica per nove settimane consecutive e verrà scalzato solo da “Michelle” dei Beatles. Alla fine dell’anno avrà venduto oltre un milione di 45 giri e sarà il sesto singolo più venduto di tutti, oscurando l’interpretazione di Gene Pitney, il cantante americano con la voce alla Dan Peterson e gli acuti in falsetto con cui la Caselli era in coppia.

Ecco perché il 5 febbraio 1966, quando la voce squillante di Luttazzi annuncia “la canzone regina di questa settimana è… Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselliiii”, nasce un’artista con la “a” maiuscola, futura manager e talent scout dal grande fiuto ed esplode una canzone dal messaggio molto forte che è entrata nella storia della nostra musica pop. Una canzone che a distanza di 50 anni dal suo lancio è ancora attuale in tutti i sensi. Non a caso, un esempio fra i tanti, nel luglio del 2000 il brano è stato l’inno del primo Gay Pride mondiale che si è svolto a Roma.

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