A vent’anni dalla scomparsa dello scrittore tanto amato per i suoi affreschi sulla Sardegna e le sue leggende il Teatro Lirico di Cagliari ha celebrato , venerdì 4 dicembre, il suo romanzo più conosciuto con un concorso di musica contemporanea, concorso finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro Smart Business Factory (lo stesso che ha consentito la messa in scena di “Shardana” e de “La Jura” coi fondi europei, per intenderci). Alla presenza di una commissione di altissimo livello presieduta dal M°Azio Corghi, sono stati eseguiti tre lavori ispirati a “Passavamo sulla terra leggeri”, frutto dell’impegno dei compositori Joe Schittino, Annachiara Gedda e del cagliaritano Enrico Travaglione. Persone viventi, alle quali si è potuto stringere la mano e chiedere spiegazioni sui pezzi e sulla loro estetica: finalmente, dopo anni, una sferzata di aria fresca sull’impolverato repertorio del Teatro Lirico di Cagliari. Certo che il pubblico non ha risposto come ci si sarebbe aspettato, specialmente visto la presa che la figura di Atzeni ha nell’immaginario collettivo. Qualcosa non ha funzionato e non funziona, se con questi presupposti e un biglietto assolutamente accessibile si sono visti tanti posti vuoti (e no, non è la platea cagliaritana costituzionalmente tradizionalista, visti i successi negli anni passati di operazioni anche più rischiose). Qualcosa non quadra se la maggior parte dei tanti appassionati di musica, professionisti e non, hanno disertato la serata. Certamente la qualità non mancava: il brano vincitore del secondo premio, “Kal’i-te” di Enrico Travglione (il primo non è stato assegnato) ha visto un originale sforzo del compositore nel produrre un proprio libretto, dalla trama ispirata a quella del romanzo ma speculare ad essa, e un grosso impegno nella scrittura per orchestra, coro e due voci soliste. Soprattutto la seconda scena, nella quale si sentiva l’eco di Straviinskij (sarà stato l’argomento, ossia una cerimonia sacrificale?) ha mostrato il talento del compositore cagliaritano, particolarmente bravo nel modo in cui ha risolto l’interazione fra le protagoniste (il soprano Barbara Crisponi e il mezzosoprano Francesca Pierpaoli, di scuola cagliaritana, che hanno sostenuto un’ottima prova sia dal punto di vista tecnico che interpretativo) e l’orchestra. L’eco della famigerata “sardità” si è avvertito solo nell’uso idiomatico dei campanacci e in un breve momento armonicamente ispirato alle melodie dei Riti della Settimana Santa di Villanova; Travaglione ha reinterpretato la tradizione costruendo un’azione scenica della quale si sarebbe volentieri ascoltato il finale, visto che l’ultima scena non è stata eseguita.
Al terzo posto, ex aequo, la ballata sinfonica di Schittino, omonima al romanzo, e il melologo “Nel mese del mare immobile” della Gedda. Mentre il primo brano ha mostrato una compiutezza di pensiero, oltre a una solida padronanza musicale e a buone trovate specie nella scrittura per gli archi, il brano della compositrice torinese è stato quello che ha convinto di meno, sospeso fra il descrittivismo onomatopeico (nel melologo si sono alternati e a volte sovrapposti parti recitati da un capitolo del libro e interventi orchestrali, com’è tipico della forma stessa) e la ricerca di un’unità strutturale faticosamente rincorsa ma forse non centrata pienamente. La serata è stata magistralmente diretta dal M° Fabio Mestri e, per quanto riguarda il coro, dal M° Mastroiaco.
Un’occasione sprecata per chi non c’era. Speriamo nella prossima.