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Piper, è qui la festa

Il locale di via Tagliamento compie 50 anni. Da Patty Pravo a Jimi Hendrix, da Renato Zero ai Pink Floyd. La storia del locale che ha cambiato il costume.

Piper, è qui la festa
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15 Febbraio 2015 - 16.16


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di Francesco Troncarelli

Fu una rivoluzione epocale. Cambiò tutto. Il modo di divertirsi, di incontrarsi, di ballare, di vestirsi. Soprattutto cambiarono i protagonisti. Non più i grandi, ma i giovani. Categoria fino a quel momento inesistente nel lessico della vita quotidiana e del tempo libero.

Non c’era un luogo di ritrovo per loro. Non era previsto. Esistevano, ma erano riservati ai grandi, i night club in centro e le balere in periferie, punto. I giovani erano relegati al bar con juke box e flipper e all’oratorio per giocare a pallone e, una tantum, nelle feste in casa del sabato pomeriggio sotto l’occhio vigile di genitori e nonni. Poi venne il Piper e la classe giovanile uscì la sera e andò in paradiso.

Era il 1965, un’altra Italia, dove si viveva in bianco e nero ma col boom economico al galoppo e il locale di via Tagliamento a Roma si appropriava della notte per dare il via a una rivoluzione musicale e culturale che non aveva precedenti e che avrebbe interessato media, istituzioni e sociologi. Musica e ballo venivano offerti a go gò agli under 21 (l’età in cui si era maggiorenni e si poteva votare), per la gioia dei maschi che iniziavano a farsi crescere i capelli e delle femmine cominciavano ad accorciarsi le gonne. E così dall’apertura di quel 17 febbraio del 65 ad oggi, sono stati cinquant’anni di feste e balli scatenati sulle note dei più famosi artisti italiani e internazionali.

Cinque decenni in cui il Piper Club, storica discoteca ideata e lanciata da Alberto Crocetta (avvocato e manager discografico) e Giancarlo Bornigia (concessionario d’auto) sulla scia dei ritrovi che impazzavano nella Swinging London, è stato il punto di riferimento di generazioni di ragazzi e ragazze di ogni ceto sociale e senza distinzione di sorta. Ma anche il ritrovo che ha fatto conoscere talenti e lanciato personaggi simbolo della musica italiana, cambiando il modo di vivere la notte.

L’ex garage del quartiere Coppedè, ristrutturato con pannelli, dipinti e opere d’arte di Claudio Cintoli, Piero Manzoni, Mario Schifano e Andy Warhol, avveniristiche, per quel tempo, luci strobosferiche e potentissimi amplificatori (altra novità assoluta) e balconi ai lati della enorme pista, divenne in poco tempo il tempio della beat generation italiana e una delle discoteche più importanti d’Europa. E, ad oggi, una delle più longeve, seconda solo all’altrettanto mitico Cavern di Liverpool che vide i primi gorgheggi dei Beatles.

Agli esordi, suonarono al numero 9 di via Tagliamento i migliori artisti di quel periodo, a cominciare dai complessi che rappresentavano il cambiamento musicale e dicostume più marcato. C’erano i Rokes di Shell Shapiro con le loro chitarre a freccia e i rivali della Equipe 84 del Principe Maurizio Vandelli, i Primitives guidati dal bel tenebroso Mal, i New Dada del biondo Maurizio Arcieri, i Phenicians di Patrick Sanson, I Dik Dik, i Rokketti, i Giganti, le Pecore Nere, gruppi amatissimi dai giovani che sulla pista ballavano i loro successi al tempo di shake, il ballo che di per sé era già una rivoluzione (ognuno per conto suo a schema libero, agitandosi a più non posso) rispetto al tradizionale “ballo della mattonella” in coppia.

Ma si esibivano anche solisti come Caterina Caselli, Rocky Roberts, Ricky Shane, Rita Pavone, Dino, Wess, Gepy and Gepy, Nino Ferrer, Fred Bongusto seguiti negli anni dai vari Battisti, Mia Martini, Pooh, Ricchi e Poveri, Formula Tre, Orme e addirittura da artisti che lo avevano frequentato da clienti come Mita Medici, Romina Power, Renato Zero e la Bertè.

A questi è da aggiungere la presenza di interpreti della musica internazionale che hanno dato lustro al cantinone di via Tagliamento: nomi incredibili come quelli dei Pink Floyd, Jimi Hendrix, Procol Harum, Genesis, Sly and family Stone, David Bowie, Lionel Hampton, Duke Ellington, personaggi che sono entrati nella leggenda e che hanno sceso i trenta scalini più celebri delle notti romane per esibirsi in un ambiente unico e coinvolgente.

Caso a parte e molto particolare, quello di Patty Pravo, che al Piper deve nome, primi successi e popolarità. Arrivata a Roma da Venezia diciassettenne, fu notata in pista da Crocetta che la trasformò da Nicoletta Strambelli, nella bionda minigonnata Patty Pravo, simbolo del locale (da allora “la ragazza del Piper” è il suo soprannome), facendole incidere il suo primo disco “Ragazzo triste”, cover di un brano di Sonny Bono col testo in italiano di Gianni Boncompagni, che sbancò la Hit Parade di Lelio Luttazzi avviandola verso una fortunata carriera arrivata ai giorni nostri.

Come il Piper che cinquant’anni dopo la prima notte, è sempre lì, dopo aver continuato ad anticipare e cavalcare mode e modi nei successivi anni Ottanta e Novanta col mitico Mister Franz, quando era tutto rock, rap e dj set diventati poi dei big come Jovanotti, Roberto D’Agostino, Marco Trani, Coccoluto, Fargetta e Linus, fino ai concerti di Paola & Chiara, Grignani, Niccolò Fabi, Tiromancino e tanti altri, dalla metà degli anni 2000.

Per il suo mezzo secolo di onorata carriera, è stato organizzato il prossimo 17 febbraio dai figli del fondatore Bornigia, un mega party multimediale che ripercorrerà la sua incredibile e affascinante storia, guidato da un maestro di cerimonie eccezionale, Alberto Laurenti, musicista affermato e animatore del by night del Belpaese che con la sua band di nove elementi farà rivivere le atmosfere di una stagione che ha segnato il costume italiano. Insomma, ieri come oggi al Piper la festa continua.

Patty Pravo – Ragazzo triste

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