Questo è un teatro, tutto a luce naturale. Eppure non è in esterno. E’ al chiuso. Addirittura dentro una chiesa. Anzi, è proprio la chiesa barocca più teatrale di Roma. Soprattutto per la sua illumi-nazione: S. Andrea al Quirinale, appena riaperta dopo un restauro totale.
A parte la bellezza dei marmi, degli stucchi, delle dorature rinfrescate (via la polvere che smor-zava lo scintillio), la meraviglia (si tratta di Bernini, non dimentichiamolo) è l’uso particolare della luce che viene da fuori.
In un’epoca di poche e fioche candele, trovare il modo di illuminare uno spazio come se si avesse a disposizione il parco lampade di Cinecittà è stato davvero pane per i denti di un genio. Die-tro a ogni altare c’è una finestra a lunetta, invisibile da giù, che spara la luce sul soffitto stuccato e dipinto della cappella, per rifletterla sul marmo sottostante che la fa rimbalzare ancora tutto intorno. Naturalmente in cima alla grande cupola principale c’è un lanternino a vetri gialli che intercettano il sole, e lo spandono, più caldo e trionfale nell’interno.
Il capolavoro è l’altar maggiore, che ha anche lui un sistema magico di illuminazione. Sempre attraverso un lanternino, la luce (solo sole, abbiamo detto, niente di artificiale) scende fluida dalla fonte che non si vede, in alto, e da vita a un grappolo di angeli d’oro che svolazzano fra raggi e le-sene. I quali, senza questa stregoneria, sarebbero solo dei pupazzi spenti appiccicati al muro. Vedere per credere.
Nei secoli fedele.Nel vicino Giardino di S. Andrea, appena risistemato, c’è, inaugurato l’altro ieri, un nuo-vissimo monumento. “Nei secoli fedele” sta inciso sul basamento. Facile capire a chi è dedicato. E’ un bronzo davvero molto imponente, perfettamente a suo agio fra le aiuole di acanto. (A parità di metallo impiegato batte in estetica, di molte lunghezze, quello orribile di Giovanni Paolo II a Termini).
L’unica sensazione inquietante è che i due intabarrati carabinieri in controluce sembrano, piuttosto che tutori della legge, due malfattori in agguato. Forse è una malignità gratuita, sulla quale il lettore avveduto sorvolerà. Eppure, l’impressione c’è. Merita una visita.
Nuovi, belli e vuoti.Sono tre monumenti alla modernità di Roma: il Ponte della Musica, nel quartiere Flaminio, il Ponte della Scienza, all’Ostiense, e il Ponte Spizzichino, alla Garbatella; due sul Tevere, il terzo sulla ferrovia Roma Ostia. Sono le recentissime aggiunte alla città sospesa. Tutti e tre di un disegno moderno, armoniosamente leggero, che suggerisce sottovoce la robustezza del materiale e l’equilibrio delle tensioni.
Vuoti. Qualche raro viandante sui primi due, che sono pedonali, e un lontano ciclista solitario sul terzo che è un’autostrada. Ci siamo passati a metà dello stesso giorno feriale, che, come si vede dal cielo, si andava pian piano annuvolando. Come mai non li usa nessuno?