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Cina, il 'gigante dimenticato' dall'Occidente, al centro del libro di Michelangelo Cocco

Dopo un anno di pandemia, affrontata dalla Cina in pochi mesi mentre l'Occidente arranca dietro al virus, è tempo di portare il gigante asiatico al centro del discorso

Cina, il 'gigante dimenticato' dall'Occidente, al centro del libro di Michelangelo Cocco
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22 Marzo 2021 - 16.33


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di Marco Santopadre

 

Per anni ci siamo dimenticati di questo paese di un miliardo e mezzo di abitanti, perdendo di vista una realtà politica, economica e culturale che improvvisamente si è affacciata nel nostro panorama informativo in maniera prepotente.
Ora, volenti o nolenti, di Cina si parla sempre di più: è un paese così centrale da tanti punti di vista che risulta davvero impossibile continuare a far finta che non sia diventato una delle principali potenze mondiali.
Ma di Cina si parla, purtroppo, male. Per lo più sulla base di un pregiudizio incrollabile – la superiorità europea e occidentale – che ha ad esempio convinto i nostri politici e i nostri scienziati che un’epidemia esplosa in alcune delle città del gigante asiatico non ci riguardasse, neanche fossimo di fronte a un paese sottosviluppato incapace di curare un raffreddore. A più di un anno di distanza ci rendiamo forse conto – al netto delle campagne di criminalizzazione e di denigrazione ancora in voga nei confronti degli “untori cinesi” – di quanto quella visione di superiorità, retaggio del colonialismo e di rapporti di forza mondiali ormai obsoleti, fosse sbagliata e autolesionista.
Quando si parla di Cina lo si fa in maniera manichea: in genere, come detto, prevale la condanna, A volte, invece – ad esempio di fronte alla formidabile mobilitazione che ha permesso ad un paese di un miliardo e mezzo di abitanti di far fronte al Covid in pochi mesi e di tornare alla normalità mentre il resto del mondo continua a sperimentare stremanti lockdown – Pechino è oggetto di entusiasmo, addirittura di venerazione.
Quando si parla di Cina, sui nostri media, abbondano le “storie” e le denunce. Scarseggiano, invece, l’analisi, l’approfondimento, il racconto, la ricostruzione.
Per questo il libro di Michelangelo Cocco, Una Cina “perfetta”, è uno strumento davvero prezioso. Perché elenca e mette in fila, all’interno di una pubblicazione alla portata di tutti ma al tempo stesso rigorosa e approfondita, una serie di informazioni, di elementi di analisi e di ricostruzioni in grado di rappresentare il punto di vista cinese sul proprio paese e sui rapporti tra la Cina e il resto del pianeta. Senza manicheismi, giudizi precostituiti o filtri di tipo ideologico.
Ciò non vuol dire che il punto di vista dell’autore sia assente, anzi. Però a farla da padrone è un uso estremamente documentato e dettagliato delle fonti, filtrato attraverso la lunga esperienza personale nel paese dell’autore, fondatore del “Centro Studi sulla Cina contemporanea” e corrispondente prima per Il Manifesto e poi per Il Messaggero. 

L’elenco delle questioni trattate nel volume è molto ampio, ma la sua caratteristica principale (che lo rende estremamente parziale ma al tempo stesso estremamente interessante) è quella di esporre il punto di vista delle classi dirigenti del paese, ed in particolare dell’ormai centenario Partito Comunista, che dopo i balzi in avanti compiuti dalla Cina negli ultimi decenni si trova a dover gestire una realtà sempre più sfaccettata e complessa.
È proprio per continuare a controllare un gigante scalpitante e contraddittorio come la Cina odierna, dove le classi medie avanzano insieme a un nuovo immaginario e a nuove domande sociali, che Xi Jinping e la sua cerchia hanno introdotto una serie di innovazioni e di cambiamenti di rotta. Senza nulla concedere, chiarisce bene Cocco, alla democrazia intesa come metodo di governo e di partecipazione politica tipico dell’occidente, il nuovo corso cinese mira a soddisfare le nuove esigenze che emergono da una società in rapida evoluzione.
A detta degli stessi dirigenti cinesi, oggi la contraddizione principale del paese, dopo tre decenni di crescita economica impetuosa e sregolata, è quella tra «uno sviluppo squilibrato e inadeguato» da un lato e, dall’altro, «il bisogno crescente di una vita migliore da parte della popolazione».
Assicurare questa “vita migliore” ad una fetta sempre maggiore di popolazione cinese – non solo in termini quantitativi ma anche e soprattutto qualitativi – è il cruccio dell’attuale leadership, desiderosa di rimanere in sella scongiurando i rischi di una qualche “rivoluzione colorata” o di una implosione.
L’autore ci racconta quindi il formidabile mix di marxismo, confucianesimo e nazionalismo che contraddistingue l’ideologia ufficiale della cosiddetta “Nuova Era”.
All’interno di una società che nei decenni scorsi ha vissuto una rapida deideologizzazione consustanziale all’adesione al capitalismo e agli animal spirits del mercato, il nuovo corso ha letteralmente iniettato la nuova ideologia servendosi di una formidabile macchina propagandistica che non esita ad utilizzare i più sofisticati sistemi informatici e i social, appoggiandosi però su elementi culturali della tradizione cinese.

Un’ideologia che ha la sua ragion d’essere nell’eliminazione alla radice di ogni contraddizione, di ogni conflitto e che mette invece al centro la concordia, l’armonia, l’equilibrio tra le varie componenti della società e in particolare tra governati e governanti. Cercando di affrontare le sfide del presente, il nuovo corso inaugurato nel 2017 cerca di coniugare il “socialismo con caratteristiche cinesi” con un grande piano di riconversione ecologica di un paese che finora aveva puntato tutto sulla crescita, senza badare alle conseguenze. Oppure prende di petto l’annoso fenomeno della corruzione all’interno dell’apparato politico e burocratico, che oltre ad essere fonte di inefficienza è anche causa di conflitti e rivolte, esattamente come l’inquinamento.
Cocco ci racconta di un paese proiettato in maniera prepotente all’esterno attraverso la “Nuova via della seta”, interessato più alla crescita della sua influenza e ai profitti delle sue aziende che ad un vero e proprio dominio imperialista, ma comunque impegnato in un crescendo di competizione con le vecchie e nuove potenze del consesso globale.
La competizione internazionale, economica e politica, richiede la massima stabilità e Cocco non si esime dal raccontarci la genesi e le caratteristiche di sistemi di monitoraggio e di condizionamento sociale tra i più sviluppati e pervasivi, basati su uno spregiudicato ricorso alla tecnologia.
In cambio dell’aumento del benessere e della qualità della vita (la “società moderatamente prospera” promessa da Xi Jinping) e dell’accesso a quella “rinascita nazionale” che renda finalmente il paese ricco, forte e protagonista sullo scacchiere internazionale, il regime pretende dalla popolazione sostegno e adesione, pronto a stroncare con ogni mezzo ogni manifestazione di dissenso.

In conclusione, quella di Una Cina “perfetta” è una lettura indispensabile se si vuole comprendere come mai, al di là delle conseguenze della repressione, della censura e del sempre più capillare controllo sociale, in un paese così giovane e dinamico sia così ampio il sostegno accordato al governo e al Partito Comunista.
Con la Cina avremo sempre più a che fare, nel bene e nel male, nel prossimo futuro. E sarebbe bene conoscere meglio questo paese, mettendo da parte le consuete e autoconsolatorie rappresentazioni stereotipate che il mainstream troppo spesso ci propone. 

 

Michelangelo Cocco, Una Cina “perfetta”. La Nuova era del PCC tra ideologia e controllo sociale, Carocci Editore, 2020, pp. 191, 21 euro

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