Mario Dondero se n’è andato. Della sua Leica, del bianco e nero e di quanto ci mancheranno l’umanità e lo sguardo, abbiamo letto ovunque. Tanti amici, tanti colleghi, tanto affetto per un uomo che fa parte della storia della fotografia. Noi vogliamo ricordarlo, il giorno dopo, non attraverso le sue foto, ma attraverso due fotografi e una serena giornata in Sardegna. Una storia improvvisa, bella, intensa, apparsa nel 2011 su un libro di foto e storie collettivo intitolato Volti Parole. Le due foto che ritraggono Mario sono state scattate da Michela Mereu, artista cagliaritana che così raccontava informalmente quello che poi avrebbe scritto come testo nel libro: “…la prima foto è del nostro arrivo alla Valle della Luna che ora ha subito purtroppo un disastro ambientale di cui si parla poco, ritrae Mario in chiacchiere con un abitante del luogo fuori dalla sua casa-grotta e la seconda sempre Mario che si infila nella casa-grotta scavata nella roccia… eravamo lì per la rassegna di musica “Musica sulle bocche” curata dal musicista Enzo Favata, Mario avrebbe dovuto tenere una conferenza nel pomeriggio quindi era con camicia mocassini e giacca che poi, per la passeggiata avventurosa che gli prospettai, mise nel mio zaino. Lui proprio quel giorno lasciò la sua inseparabile Leica lasciandomi così la responsabilità di fermare con delle immagini quella bellissima giornata passata assieme”.
Ecco il testo di Volti Parole.
Mario Dondero raccontato da Michela Mereu
ATLANTIDE CUSTODE LUNA
«Deve sempre rimaner chiaro che per me fotografare non è mai stato
l’interesse principale, ancora oggi non mi reputo un fotografo tout
court. A me le foto interessano come collante delle relazioni umane, o
come testimonianza delle situazioni. Non è che a me le persone
interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono». Questo
è Mario Dondero, 83 anni un pezzo di storia della fotografia italiana,
un intellettuale testimone del tempo e della cultura che ne ha segnato
le stagioni.
Ecco Dondero, senza macchina fotografica, poco prima di farsi un
bagno. Curioso entusiasta nella Valle della Luna, posto magico della
Sardegna. Ultimo paradiso degli hippy, o zona temporaneamente libera,
o semplicemente una meraviglia della natura. Non importano le
definizioni, il grande fotografo scopre Ladia, si siede davanti alla
sua caverna-casa. Ladia è un giovane ceco che ha lasciato tutto,
terra, affetti e lavoro, per cercare Atlantide. E nel suo sogno
l’ingresso di Atlantide è sotto la caverna in cui vive. Ne è sicuro e
scava la roccia, piano piano, nel tempo, fino a costruire una
scalinata verso il cuore della terra.
Dondero ascolta, chiacchiera, poi scende verso Atlantide.
Straordinario passaggio tra mondi e testimonianze di pietra e di
sogno.
Oggi la scala c’è ancora, ma il custode di Atlantide no. Cacciato via
da una popolazione meno adatta al sogno e al rispetto della terra su
cui poggiamo i piedi, più attratta dallo sballo come condizione
esistenziale. Restano questi frammenti di incontro straordinario. Una
via ancora da percorrere e un pensiero chiaro: la vita ha bisogno di
essere raccontata.