Noi fortunati snob che abitiamo dalle parti di Piazza Navona ci eravamo illusi alla notizia che quest’anno il mese di castigo dovuto alle baracche della Befana, (ingorghi di traffico, puzza di bomboloni fritti e famiglie stremate con bambini isterici) ci sarebbe stato risparmiato per la decisione comunale di lasciare la piazza alla sua quieta bellezza barocca.
Poi ci hanno detto che le baracche ci sarebbero state, ma meno di prima; poi i venditori di presepi e torroni si sono rifiutati di partecipare per ripicca, pare, contro il comune. E allora sono rimasti solo due o tre tirassegno, e sullo sfondo la solita patetica giostrina con polke e mazurche. Abbiamo sorpreso un vecchio del quartiere che guardava e diceva: “Me pare er dopoguera.”
Insomma, quasi quasi ci manca la insopportabile ma allegra baraonda di prima, perché alla fine, invece della quieta bellezza barocca promessa, ci troviamo con un misero spettacolo di casarecci giochi di luci sulla fontana, con un misero palcoscenico su cui si esibiscono miseri cori dopolavori-stici e casarecci animatori di giochi per l’infanzia.
Al freddo e al gelo perché nessuno ha pensato a tirar su un riparo dalla tramontana. L’altro giorno c’erano tre flautisti intirizziti con supporto di fidanzate imbacuccate che gli tenevano fermi i leggii. Tre pifferai e tre piccole fiammiferaie; e nessuno a guardare. Una scena davvero patetica.
AnimalistiSembra che in questi giorni, oltre ad aprire le gabbie, certi animalisti, non tutti eh, abbiano de-ciso di aprirsi anche il cranio per farne evaporare il contenuto (materia volatile?). Esemplare e penosa la triste storia di un ippopotamo di quindici quintali fatto scappare dal circo Orfei, appunto durante un blitz animalista dalle parti di Macerata, e abbandonato tutto solo in campagna, di notte, con tre o quattro gradi sotto zero. Due erano le possibilità per la povera bestia: morire di freddo o finire sotto una macchina. E’ finita sotto una macchina, e non per colpa sua.
Volete liberare gli animali? Va bene, ma poi non mollateli così, senza neanche un euro in tasca per pagarsi un pasto caldo e un letto per dormire.
Il primo gennaio scendiamo a fare un giro sulle sponde del Tevere. Bel sole, venticello frizzante e il solito magico spettacolo della città vista, ma ancor più ascoltata dal fondo della fossa dei mu-raglioni.
Non c’è tanta gente in giro, ovvio: tutti a casa a smaltire il cotechino.
E noi, andando su e giù ci imbattiamo in un bel platano, di quelli che nascono a caso fra i pietroni della banchina.
Adesso la corrente è calata, ma nei mesi scorsi ci sono state delle piene sostanziose. Il fiume ha sommerso tutto e poi se n’è andato lasciando sui rami i suoi frutti. Ma così tanti da cambiarne l’aspetto.
Stoffe, cartacce, plastiche; spazzatura in quantità.
Il Biondo Tevere e i suoi alberi degli stracci.
Anche questo Natale si è ripetuto ciò che noi speravamo fosse irrepetibile. E allora ci rispar-miamo la fatica e facciamo un bel copia incolla del nostro uovo avvelenato di fine 2013. Avvertenza: quest’anno l’albero è ancora più grosso di quello dell’anno scorso.
“Nella nostra città esiste un luogo in cui avventurarsi è più pericoloso che entrare disarmati nella jungla: Piazza Venezia. Disseminata di dislivelli che trasformano il selciato in una pista da fuoristrada e assediata giorno e notte da un traffico diabolico. Niente semafori automobilistici o pe-donali. Il centro della piazza è una grande aiuola tagliata a metà dall’unico corridoio di relativa si-curezza per l’audace che ci si avventura: un attraversamento pedonale regolarmente segnalato da belle strisce bianche dipinte sui sampietrini. Lì ci si dovrebbe sentire più o meno protetti.
Ma nel turbamento di questi giorni di festa dev’essere successo qualcosa in giunta perché il funzionario preposto ha pensato bene di piazzare l’obbligatorio albero non nell’aiuola dove era infi-lato negli anni scorsi, quindi “fuori dalle balle”, come abbiamo sentito dire a un irritato turista, ma esattamente al centro del percorso pedonale.
Così che chiunque si trovi ad attraversare la piazza su questo sentiero, fra l’altro rigidamente costretto dagli archetti della recinzione, incontra un ostacolo che è quasi impossibile superare”.
Tale e quale nel 2014. Guardare per credere. Si vedono i pellegrini che arrivati all’albero non sanno cosa fare. Compreso il cinese smarrito al quale il compagno fa cenno di tornare indietro.