Il Tokyo Ballet a Cagliari: un’occasione imperdibile per ammirare una fra le compagnie di danza più prestigiose al mondo, in scena da mercoledì 25 maggio a domenica 29 maggio presso la Fondazione Teatro Lirico. Ma oggi non si parlerà del valore dello spettacolo, della bravura dei ballerini o delle coreografie d’impatto: mercoledì mattina infatti, in un evento unico, le prove generali sono state aperte alle scuole della città di Cagliari e del circondario.
Circa 650 bambini, accompagnati e preparati dai loro insegnanti, hanno assistito in (quasi) religioso silenzio e con attenzione ad un programma di sicuro non di facile intendimento, anche per gli adulti più esperti. Niente tutù o merletti ma coreografie e costumi moderni su brani capisaldi del XX secolo. “Spring and Fall” di John Neumeier su musiche di Antonín Dvořák (prima esecuzione in Italia), “Dream Time” di Jiří Kylián su musiche di Tōru Takemitsu (prima esecuzione in Italia), “Le Sacre du Printemps” di Maurice Béjart su musiche appositamente scritte da Igor Stravinskij nel 1910: due ore di movimenti plastici, luci squadranti e ambientazioni oniriche, due ore passate in un attimo per i ragazzi, attratti dal fascino che da sempre esercita il teatro.
Certo, ogni tanto è scappato qualche applauso fuori contesto (soprattutto durante le entrate del direttore d’orchestra, il M° Nicolas Brochot) ma nel complesso l’esperimento è assolutamente ben riuscito. Da qualche intervista estemporanea pare che il momento più apprezzato sia stato proprio quello della coreografia su musiche di Takemitsu, compositore giapponese attivo nella seconda metà del Novecento assai lontano dall’orecchiabilità di Dvořák o dall’impeto ritmico di Stravinskij, caratteristiche che avrebbero dovuto in teoria far presa maggiormente in un pubblico così giovane. Invece proprio la musica più d’avanguardia fra quelle proposte e la coreografia più criptica, ispirata alle danze tribali degli aborigeni australiani, hanno rapito i bambini (delle scuole elementari e medie, ricordiamo).
Un segno importante, per i vertici culturali a volte troppo timidi nel proporre brani fuori dal repertorio classico; un risultato importante per il Teatro Lirico, che ormai da dieci anni cerca di coinvolgere le nuove generazioni e di far capire come il palcoscenico non sia un tempio sacro ma qualcosa di divertente e coinvolgente; la nascita di una speranza, infine, verso quello che sarà il futuro pubblico pagante e che, forse, anche grazie a progetti come questo si appassionerà all’arte e cercherà di salvare quel mondo fatto di suoni e sipari oggi così bistrattato dai nostri politici.