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Morta a 42 anni Valentina Pedicini, regista di identità, bullismo e una miniera del Sulcis

Nei suoi documentari e storie di finzione emerge sempre il tema dell’identità delle persone e dei luoghi. Tra i suoi titoli “Dal profondo” e “My Marlboro City”. Raiplay la omaggia

Morta a 42 anni Valentina Pedicini, regista di identità, bullismo e una miniera del Sulcis
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20 Novembre 2020 - 19.46


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di Chiara Zanini

Valentina Pedicini, regista nata a Brindisi 42 anni fa, ci ha lasciati. Dopo la maturità si era trasferita a Roma, dove aveva studiato Filologia e Linguistica. Aveva studiato regia alla Zelig International School of documentary film, dove era arrivata da Brindisi. Già con i suoi primi lavori (Pater Noster, Mio Sovversivo Amore e My Marlboro City), realizzati nella scuola di Bolzano (e disponibili al sito www.zeligfilm.it) aveva partecipato a festival nazionali e internazionali. Nei suoi film un tema sempre presente era quello dell’identità delle persone e dei luoghi, e protagoniste erano persone non omologate. Con My Marlboro City aveva raccontato cosa significhi vivere in una città, Brindisi, conosciuta per il contrabbando di sigarette.

Nel 2013 aveva raggiunto un pubblico più ampio con Dal Profondo, in cui attraverso la storia di una minatrice ci portava dentro una miniera del Sulcis, in Sardegna. Con questo film avevamo capito che era capace di grandi imprese e avevamo trovato una delle registe più importanti della sua generazione. Ma avevamo anche avuto conferma di come Valentina sapesse instaurare una relazione sincera con chi che diventava protagonista dei suoi film, fino a quel momento tutti documentari.
Con Dal Profondo arrivò il Premio Solinas e il Nastro D’Argento, non vinse invece il David di Donatello pur essendo stato inserito nella cinquina finalista. L’avevo finalmente incontrata in occasione del cortometraggio Era ieri, che ha come protagonista una ragazza di tredici anni innamorata di un’amica e che si trova a competere con i coetanei maschi per conquistarla. Al Festival di Venezia Valentina era arrivata, come nel caso di Dal profondo con i minatori, questa volta con il giovanissimo cast. E quei ragazzini l’adoravano: tanto quanto gli adulti ora stanno scrivendo parole bellissime su come lei che li abbia aiutati a crescere. Anche i genitori erano contentissimi del lavoro fatto con i figli su un tema così importante come il bullismo. Un lavoro di cura presente in tutti i suoi film.
In un’intervista le avevo chiesto di considerare questo piccolo film nel panorama attuale. Aveva risposto: «Al cinema affido la mia speranza che il tema del patriarcato e della lotta ai pregiudizi diventi sempre più centrale. Fatte rare eccezioni, come Vergine Giurata di Laura Bispuri, i film di Alice Rochwacher, quelli di Claudio Giovannesi e di pochi altri, mi sembra invece che il cinema italiano continui a costruire un immaginario di periferie, droghe, machismo, che vede come protagonisti sempre e solo gli uomini e in cui raramente si mette in discussione l’ordine precostituito» .

Valentina era tanto seria e determinata di fronte a una domanda così precisa, quanto divertente quando la situazione lo permetteva. In attesa che i festival riprendano in presenza e le tributino doverosi omaggi, su Raiplay si può vedere gratuitamente Dove cadono le ombre. Si tratta del suo primo lungometraggio di finzione, con cui nel 2017 attraverso due protagoniste femminili racconta di bambini jenisch sottratti alle famiglie per esperimenti di eugenetica. Ci ha regalato poi un altro documentario, Faith, sui monaci guerrieri che combattono in nome della fede.

Domani dalle 9 alle 11 sarà aperta la camera ardente presso la camera mortuaria del Policlinico Gemelli a Roma, mentre il funerale si terrà in forma strettamente privata nel paese di cui è originaria la sua famiglia.

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