”Io morirò lo stesso giorno in cui non potrò più scrivere”. Lo ha detto Andrea Camilleri raccontando l’amore e la passione di tutta una vita ricevendo il titolo di Distinguished professor (Professore emerito honoris causa) conferitogli dall’Università degli studi di Roma Tor Vergata.
“Memoria civile di almeno quattro diverse generazioni – si legge nelle motivazioni – dalla Seconda guerra mondiale a oggi” mentre Camilleri, con la sua proverbiale ironia, lancia un “è una parola” quando il Rettore Giuseppe Novelli lo invita a salire sul palco.
Davanti a un’Aula magna di oltre 200 neo dottori di ricerca, tutti in piedi con il Tocco in testa ad applaudire, il papà del commissario Montalbano, scrittore, regista e sceneggiatore tradotto in tutto il mondo, ha parlato del suo rapporto con la scrittura e della cecità.
”La cecità – ha spiegato Camilleri – mi impedisce una quantità di cose. La più grave indubbiamente è non poter più vedere la bellezza femminile. La seconda, certo, è non leggere più Dante. Per uno scrittore diventare cieco è come per un operaio perdere le braccia. Carlo Bo diceva ‘Non so se la mia vita l’ho vissuta o l’ho letta’. Ecco, io l’ho scritta. Pirandello invece sosteneva che la vita lo scrivi o la vivi. Non sono d’accordo, si possono fare entrambe le cose assieme”.
“La difficoltà della cecità – ha proseguito Camilleri – non mi ha impedito di continuare a scrivere, con qualche sotterfugio e imparando a dettare. E’ stato un gesto coraggioso in età avanzata, quando invece si ha voglia di lasciare tutto. Io vorrei lasciare tutto questo coraggio a voi giovani”.
”Gli anziani? In passato c’era il rispetto, l’ossequio verso la persona di età avanzata – ha detto ancora Camilleri, che a settembre ha festeggiato 92 anni – ma che rappresentassero la saggezza e la ricchezza del passato io personalmente non ero mica tanto sicuro”.
Poi la malattia e il tempo che passa. ”Non ti ci abitui mai al buio, ma te ne fai una ragione. Quando una persona nasce ha un ticket in cui sono scritte tutte le sue malattie, le gioie, le disgrazie, le avventure. Una cosa ti accade e ti accorgi che era scritta nel biglietto: questa è sempre stata la mia filosofia. Molti miei compagni, invece, ai primi segni di vecchiaia si fanno venire l’esaurimento nervoso. Non lo sapevate che dopo la primavera c’è l’estate, poi l’autunno e l’inverno? Siete sorpresi?”.
”Essendo la scrittura la mia ragione di vita – ha concluso Camilleri – io morirò il giorno stesso cui mi sarà passata la voglia o non potrò più farlo”. E allora ecco qualcuno di quei ”trucchetti” con cui ancora oggi scrive. ”Immagino un palcoscenico dove faccio muovere i personaggi. Non è facile ci vuole pazienza, la mia e quella di chi mi aiuta. E’ il mio modo di sopravvivere. E poi mi lancio sfide continue. Come quando prima di dormire cerco di ricostruire con la mente un quadro che mi è piaciuto. Non uno futurista, con quello avrei problemi. Ma con La flagellazione di Piero della Francesca ce la posso fare…”.
Camilleri: "Morirò il giorno in cui non potrò più scrivere"
Allo scrittore il titolo di Professore Emerito dall'Università di Tor Vergata a Roma
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12 Aprile 2018 - 17.40
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