La scomparsa di Jerry Lewis, il genio della comicità che ha rivoluzionato l’umorismo nel cinema del Dopoguerra, ha suscitato un’ondata di commozione generale come sempre accade quando muore un personaggio conosciuto e amato da generazioni. Tutti hanno commentato la notizia sui social e il dispiacere e la commozione sono stati unanimi, e agli innumerevoli post dei suoi fan, si sono alternate anche le dichiarazioni di colleghi illustri sconvolti da questa perdita.
A cominciare da Jim Carrey, uno degli attori americani considerato una sorte di erede, che ha twittato “Era pazzo ma non stupido, un genio indiscutibile, io esisto grazie a lui!”, per proseguire a Robert De Niro che con il comico divise il set di “Re per una notte” di Martin Scorsese che ha detto “Jerry è stato un pioniere della commedia e del cinema, mi sento fortunato per averlo frequentato negli ultimi tempi, anche a 91 anni non perdeva un colpo”.
Ma tra le tante frasi e dichiarazioni che si sono susseguite, quelle che hanno colpito più di tutte, sono senza dubbio quelle pronunciate dai suoi epigoni italiani, artisti che hanno iniziato le loro carriere sognando di diventare come lui, mito giovanile a cui ispirarsi per cercare di arrivare al successo.
Ci riferiamo a due grandi personaggi dello spettacolo, Adriano Celentano e Gerry Bruno dei Brutos, artisti di razza e di fama internazionale, che sinceramente commossi per la perdita del loro idolo, si sono lasciati andare a confidenze che hanno umanizzato il loro percorso professionale arricchendo le loro biografie con dei ricordi interessanti e molto toccanti.
“Ciao Jerry! – ha scritto il Molleggiato in una sorta di lettera aperta inviata al grande attore americano-. Non so se qualcuno ti ha mai detto che fin dai primi tempi, esattamente dal «nipote picchiatello» in poi, in Italia c’era un tizio che scimmiottava le tue mosse. Furono quelli i miei primi momenti di successo, naturalmente solo con gli amici al bar, ma più di tutti con mia cognata Ivonne. Lei era addirittura affascinata, a tal punto che un giorno, senza dirmi niente, spedì una mia foto ad un concorso per sosia in cui imitavo una delle tue irresistibili smorfie”
Una foto provvidenziale, perché dette il la alla storia di Celentano: “Solo attraverso i giornali appresi che il concorso lo avevo vinto io- prosegue Adriano.-Allora facevo l’orologiaio e, fra un tic-tac e l’altro, un mio caro amico, che senz’altro avrai conosciuto, mi propose di rifare in uno spettacolo di varietà la coppia «Jerry Lewis – Dean Martin». Il suo nome è Tony Renis e, naturalmente, era lui che faceva Dean Martin. Un successo che non durò più di due settimane però porto a entrambi molta fortuna! Grazie!! Se penso a quanto sei stato GRANDE qui sulla terra non posso neanche immaginare quello che combinerai Lassù”.
Per Gerry Bruno, Ettore all’anagrafe di Torino, nome cambiato poi in Gerry appunto in omaggio a quel comico travolgente che stava contagiando mezzo mondo con la sua folle e geniale comicità, i ricordi personali e l’addio commosso sono stati consegnati alla sua pagina Facebook.
“Dopo la visione del film “You’re never Too Young” del 1955, ma arrivato in Italia solo un anno dopo con il titolo ” Il nipote picchiatello”, – scrive il leader dei mitici Brutos, il gruppo acclamato in tutto il mondo per la sua bravura e irresistibile comicità, -decisi che quella doveva essere la mia strada definitiva nel campo dello spettacolo”.
“Costrinsi mia sorella, allora sartina alla “Merveilleuse” di Torino, a cucirmi un vestito alla marinaretta come quello che indossava Jerry Lewis in quel film. La costrinsi a vedere un paio di volte la pellicola e, alla fine, con notevoli sforzi (il tessuto era di vellutino celeste) ciò che per antonomasia identificava il “nostro” nell’immaginario collettivo, era divenuto anche il “mio” (e anche dell’amico Adriano Celentano che, frattempo, aveva avuto la mia stessa idea).
Stesso percorso dunque per due ragazzi con lo spettacolo nel sangue prossimi a spiccare il volo sulla scia del successo del loro idolo e che poi avrebbero avuto un percorso diverso ma ugualmente con una popolarità internazionale.
“Fu il ‘distintivo’ che mi permise di entrare in avanspettacolo- prosegue Bruno- l’anno dopo e che non mi sarei più tolto di dosso, sino alla nascita dei Brutos nel 1959. Ma solo sulle scene, perché dentro di me “quel” costume lo porto addosso ancora oggi, come nel 1956. Addio Jerry. Grazie per tutto ciò che mi hai insegnato e fatto capire come si può essere Uomo e Comico per tutta una vita con leggerezza e amore per il prossimo. Sei stato unico”.
Come Celentano con Tony Renis, anche Gerry fece coppia col futuro cantante dei Brutos Iack Guerrini per riproporre al pubblico italiano, la coppia Jerry Lewis-Dean Martin, ma non furono i soli dalle nostre parti. Anche Ric e Gian infatti iniziarono il loro sodalizio così, imitando quella coppia di Hollywood.
Ric, al secolo Riccardo Miniggio, cominciò proprio come imitatore di Lewis all’”Ideal” di Torino prima di conoscere Gian Fabio Bosco che lavorava con Gilberto Govi, poi quando i due si misero in coppia decisero di chiamarsi Jerry e Fabio ispirandosi al duo americano che stava spopolando al cinema, scelta azzeccata perché li fece approdare grazie al loro estro e brio al “Crazy Horse” di Parigi prima di sfondare anche in Italia insieme ad altri debuttanti eccellenti come Paolo Villaggio e Cochi Renato in tv.
“Orfano” da qualche anno del compagno di tante avventure artistiche Gian, Ric non se l’è sentita di commentare pubblicamente la scomparsa del suo mito di gioventù a cui deve tutto. Contattato per una testimonianza, ha declinato l’invito preferendo restare in silenzio coi suoi pensieri e ricordi. Il clown che ha divertito grandi e piccoli senza distinzione, ora è triste e piange il suo capocomico. Come tutto il pubblico che lo ha amato.