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Ricordando Garry Marshall: l'ultima intervista

L'ultima volta in Italia nel 2010, Garry Marshall si è seduto a chiacchierare con il Direttore del Giornale dello Spettacolo

Ricordando Garry Marshall: l'ultima intervista
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20 Luglio 2016 - 23.27


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La fabbrica dei Divi

Intervista a Garry Marshall

Di Marco Spagnoli @marco_spagnoli Ho incontrato Garry Marshall per l’ultima volta a Roma sei anni fa: abbiamo parlato del suo ultimo lavoro, Appuntamento con l’amore, ma anche del cinema, degli attori e del diventare Star.(m.s).

“Sono in giro da oltre centosette anni e alcuni degli attori del mio film, non avevo idea chi fossero prima di incontrarli sul set, ma – come è già successo in passato – mi fido delle persone che lavorano con me, quindi.” Così il regista di Pretty Woman, Se scappi ti sposo e delle due pellicole che hanno lanciato la carriera di Anna Hathaway Pretty Princess e Principe Azzurro cercasi parla della scelta del cast per Appuntamento con l’amore il primo film che, da molto tempo, annovera delle Star per i ruoli principali e secondari come Jessica Alba, Jessica Biel, i due bellissimi di Grey’s Anatomy, Eric Dane e Patrick Dempsey, Jamie Foxx, Jennifer Garner, Topher Grace, Anne Hathaway, Ashton Kutcher, Queen Latifah, Shirley MacLaine, e le due Roberts Emma e sua zia Julia Roberts.

Suo nonno si chiamava Masciarelli e proveniva da Fara San Martina in Abruzzo e la sua è una famiglia di gente di cinema.
Suo padre Anthony produceva serie televisive come La strana coppia, mentre sua sorella Penny è un’attrice diventata regista di film come il commovente Risvegli interpretato dalla coppia altrettanto insolita Robert De Niro e Robin Williams.

“Quando ho dei dubbi, coinvolgo la mia famiglia.” Ammette Marshall “Il nepotismo è parte della mia vita.” Produttore anche lui di serie Tv come Happy Days e Mork & Mindy, Marshall ha raggiunto il successo internazionale nel 1990, all’età di cinquantasei anni, scoprendo un’attrice pressoché ignota di nome Julia Roberts. Il regista, però, modestamente non vuole ascriversi il merito della scoperta: “Il talento c’era già. Io ho solo dato una mano a farlo venire fuori. Del resto, all’inizio non mi rendevo del tutto conto del potenziale di Julia.” Ricorda Marshall “Sembrava una ragazza, come le altre, abbastanza normale per gli standard hollywoodiani. E’ stato solo dopo alcune settimane di lavorazione che ho capito di avere a che fare con una donna davvero speciale in grado di bucare lo schermo e di emettere una sua luce propria. A farmelo notare è stato proprio Richard Gere che durante una pausa sul set venne da me e mi disse “E’ talmente brava che io non servo…chiunque potrebbe indossare i miei abiti di scena. Sarebbe la stessa cosa.”

Come si diventa delle Star?

Il talento di cui parlavo prima non basta: ci vuole qualcosa di magico e la macchina da presa deve potersi innamorare di te. Una volta era la pellicola, mentre oggi c’è il digitale che rende tutto più difficile soprattutto per le donne. Credo che sia stata la chimica della pellicola a trasformare donne bellissime e in vere e proprie icone di fascino e seduzione. Una Star emerge dallo schermo, lo buca, ti colpisce, ti ammanta di una specie di sortilegio. Non si può insegnare. I registi spiegano i personaggi, non come si diventa una diva.

Un consiglio?

Non essere nervosi. Ho visto attrici bellissime che arrivano sul set così nervose da riuscire solo a recitare senza comunicare niente altro. Quello che conta è ciò che va oltre lo schermo. Quando finiscono di essere nervose queste donne, hanno ormai più di trent’anni…è difficile recuperare.

Perché?

Il problema di diventare delle Star, soprattutto oggi con tutto questo caos di paparazzi e attenzione mediatica, è quanto riesci a non incasinare la tua vita. La fortuna conta molto, ma conta anche l’entourage che le persone si creano intorno. Lautner e Swift vengono da famiglie solide del Midwest e sono lontani anni luce dalla gente che abita a New York o a Los Angeles. Emma Roberts, poi, è avvantaggiata dal fatto che la sua famiglia fa parte del nostro business e sanno come gestire certe situazioni. Ricordo che quando c’è stata la Premiere del mio film, Emma era sul tappeto rosso e la zia si è avvicinata stringendola fortissimo e mormorandole “Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene!” L’aiutano non a trovare lavori, non ne ha bisogno, ma a tenerla ‘equilibrata’. Ho cresciuto tre figli e, mi creda, so quello di cui lei sta parlando.
Il problema è che quando sei giovane e celebre, il successo può darti alla testa.

In che senso?

Il successo non esiste. Questa non è la realtà. E’ qualcosa creato da gente come lei che fa il giornalista e dal suo giornale. Può finire. E può finire anche malamente. L’importante è saperlo e trovare un proprio equilibrio. Sopravvivere è la cosa più complicata, ma se sei fortunato ci riesci. Come ha fatto Julia in questi venti anni, nonostante tutto.

Qual è suo rapporto, oggi, con Julia Roberts?

Ci siamo sempre tenuti in contatto. Ogni decade abbiamo fatto un film insieme, ma siamo rimasti a portata di telefono. A casa conservo ancora l’invito per il suo matrimonio con Kiefer Sutherland. Una cerimonia che, poi, non si è mai tenuta…
Siamo sempre amici e recentemente mi aveva chiamato per dirigere una pellicola che voleva produrre. Non mi sentivo a mio agio con la storia che mi veniva chiesto di realizzare da parte sua e di sua sorella Lisa e così, invece, le ho proposto Appuntamento con l’amore. Il nostro rapporto è basato sull’amicizia che deriva dalla consapevolezza di poterci fidare l’una dell’altro.

Come è cambiata Julia Roberts in questi venti anni?

Quando giravamo Pretty Woman non aveva il cellulare e quando non c’erano le riprese potevamo parlare un po’. Oggi è difficile ottenere la sua attenzione: sta sempre al telefono con i figli, le tate, gli agenti, le produzioni. Quando nel 1990 le chiedevo come volesse essere fotografata, mi rispondeva che la sua parte migliore era il sorriso. Oggi, invece, mi chiede di farla apparire il più possibile una donna ‘normale’ e, soprattutto, ‘vera’. Julia desidera non essere più ‘glamour’.

Qual è il modo per restare amici?

Vedersi a Hollywood. Ovviamente io che sono nonno di sei nipoti non vado a ballare nei locali notturni, ma mi vedo con le attrici e gli attori soprattutto nei tanti eventi caritatevoli di cui mi occupo. I giornali non ne parlano molto perché c’è poco da speculare, ma una cosa buona di Los Angeles è il grande impegno della gente di cinema per la solidarietà. Abbiamo raccolto fondi per l’Abruzzo e anche per Haiti…
Il mondo è pieno di cose orribili, per questo motivo, attraverso il mio cinema, provo a restituirgli un po’ di bellezza.

Che differenza c’è tra Julia Roberts la sua altra scoperta Anna Hathaway?

Sono entrambi belle ed eleganti. Solo che Anna è un disastro…è la persona più maldestra che conosca. Sul set cerchiamo di mettere in salvo le cose: qualsiasi cosa tocca, la distrugge. Ha distrutto la vespa che aveva nel film…detto questo è una persona fantastica, una grande Star e io la adoro.

Cosa significa girare un film con tante Star?

Andare al lavoro ed essere sicuro di incontrare attori e attrici che sanno il fatto loro: gente che, ti piaccia o meno, sa recitare e ha del talento. Un vero piacere che a Hollywood non accade più tanto spesso.

Come ci è riuscito?

L’ingrediente segreto sono proprio io: lavoro da circa due secoli e quando, come Julia Roberts, sentono il mio nome, accettano immediatamente la parte, perché siamo amici e hanno fiducia in me. Come Julia che è stata la prima a dire di sì.

Qual è l’ostacolo principale?

Gli agenti che da questo tipo di film non guadagnano la loro percentuale, perché gli attori e le attrici recitano non a pieno compenso, ma solo per una parte in proporzione al tempo della loro partecipazione. Molti avevano detto di no all’inizio, poi, quando hanno scoperto che Julia Roberts avrebbe lavorato nel mio film, ci hanno richiamato dicendo “Stiamo riconsiderando la vostra offerta…”.

Come si mettono insieme i cast?

Partendo dalle attrici: in questo tipo di film ci si bacia e ci si scambia molti sguardi romantici. Non si può chiedere al pubblico di credere a tante storie dove in realtà gli attori si detestano cordialmente. Così il segreto è dire: “Tu con chi vuoi lavorare?” Le dai una lista di nomi possibili e l’attrice sceglie. Nel caso di Julia lei aveva già lavorato con Bradley Cooper a teatro a Broadway. Lui nel frattempo ha avuto molto successo con Una notte da leoni e così quando le ho chiesto se le faceva piacere recitare di nuovo insieme, Julia ha subito detto di sì. Tra l’altro nel film si sente dire al comandante dell’aereo “Stiamo atterrando a Los Angeles dove c’è il sole dopo tre giorni di pioggia.” Questo è uno scherzo che ho voluto giocare a loro due, perché il dramma che avevano recitato a New York era proprio intitolato “Tre giorni di pioggia”.

Nei titoli di coda, poi, lei ha inserito una divertente autocitazione di Pretty Woman: l’autista chiede al personaggio interpretato da Julia Roberts “Qui c’è Rodeo Drive: si è mai fermata a fare spese a Rodeo Drive, Signora?” la risposta “Sì, ma è stato un errore”…

E’ vero, ma questo perché nei titoli di coda mi piaceva mettere delle gag con gli errori delle Star. La gente adora vedere le Star sbagliare e fare delle scemenze davanti alla macchina da presa. Le rende più umane….

Tornando alla scelta degli attori….

Ad Anna Hathaway ho posto la stessa domanda che avevo fatto a Julia e lei mi ha detto “Mi piace Topher Grace: quando lo vedevo in That 70’s Show avevo una piccola cotta per lui.”

Poi, però, conta molto anche il marketing: Taylor Lautner famoso per Twilight e Taylor Swift, la giovane cantante, non avevo alcuna idea di chi fossero fino a quando non me li sono visti arrivare sul set. Sono rimasto impressionato dalla loro umiltà e dal grande talento che hanno dimostrato di avere.

Le cose vanno così. Spesso gli Studios chiudono i contratti senza nemmeno consultarti. Quando mi hanno detto che erano nel film, li ho conosciuti e ho scritto una parte per loro. Lo stesso è successo per Queen Latifah.

Sembra un po’ complicato

Io non sono Martin Scorsese, un regista che amo. Non so fare bene il suo tipo di scene, ma quello che sono in grado di fare è scrivere un copione, perché sono soprattutto uno sceneggiatore. La mia flessibilità deriva anche dal fatto che avendo così tanta esperienza posso raccontare storie d’amore per tutte le età.

Come si gestisce l’ego?

Quando ci sono così tante Star non puoi avere un ego. E questo lo sanno anche loro. Le Stelle sono, spesso, capricciose. Sono i giovani, invece, che hanno solo voglia di stare lì a lavorare e a imparare. Io credo che il denaro non basti. Bisogna anche sapersi divertire. Del resto quando conosci le persone con cui lavori, sei preparato anche ai loro capricci. Il primo giorno che li incontro gli chiedo quali sono le cose peggiori che un regista ha fatto loro. Alle donne, chiedo come desiderano essere riprese. Michelle Pfeiffer mi diceva sempre “dalle spalle in su”. Poi, le richieste non sono sempre ‘assurde’. Jennifer Garner doveva allattare il figlio e quindi ho preparato il piano di lavorazione cercando di consentirglielo.

In Appuntamento con l’amore il negozio di fiori al centro dell’azione si chiama Siena: un omaggio all’Italia?

Più che altro un omaggio a mia nipote che si chiama così. Gli avvocati non riuscivano a trovare un nome che non si rifacesse a nulla di esistente e così mi è venuta in mente la mia piccola nipote di due anni che si vede anche in una scena del film. Mia figlia sostiene di avere scelto quel nome, perché in quella città ha capito quanto amava suo marito. Per me l’ha concepita proprio a Siena, ma – si sa – queste sono cose che i figli non raccontano mai ai propri genitori.

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