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Buster Keaton: 50 anni fa moriva il genio triste

Attore, regista e sceneggiatore immortale: mezzo secolo fa moriva Buster Keaton, gigante del cinema muto.

Buster Keaton: 50 anni fa moriva il genio triste
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1 Febbraio 2016 - 14.24


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Sono passati 50 anni dal giorno in cui il mondo pianse la morte di Joseph Frank Keaton. Era infatti l’1 febbraio 1966 quando l’attore – detto Buster, ovvero distruttore e indistruttibile, dal soprannome che, secondo la leggenda, gli affibiò il mago Houdini – si spense per un cancro ai polmoni, poco dopo aver tranquillamente giocato la sua ultima partita a carte con alcuni amici.

Attore, regista, sceneggiatore, celebre per l’espressione stralunata e triste dei suoi personaggi e per inconfondibile la mimica e il suo talento “acrobatico” nelle gag, Buster Keaton è universalmente riconosciuto come uno dei maestri del cinema muto, tanto che l’American Film Institute lo ha inserito Keaton al ventunesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.

Nato a a Piqua, in Kansas, il 4 ottobre 1895, da una famiglia di vaudeville, fin da piccolo si appassionò all’arte degli attori e si allenò come saltimbanco e illusionista. Leggenda vuole che esordì già in fasce, ma lo stesso Keaton raccontò in un’intervista di essere stato per la prima volta sul palco di fronte ad un pubblico a tre anni. Dopo una tourné in Inghilterra con la famiglia nel 1909 e con il crescente successo delle sue performance, il giovane attore si trasferì a New York nel 1917 e già a 20 anni era una grande star dello showbiz.

Dopo l’incontro con la prima moglie, Natalie Talmadge, Keaton firmò il primo contratto cinematografico e diresse il suo primo film Fatty Macellaio, a cui seguirono altri 14 cortometraggi tra il 1918 e il 1919, tra i quali Chiaro di luna, Il fattorino, Fatty alla festa e Il cuoco.

Sul finire del 1919 il produttore Joseph Schenck propose a Keaton di mettersi in proprio con la “Buster Keaton Comedies”. In tre anni scrisse, diresse e interpretò altri 23 cortometraggi, ancora oggi considerati il suo testamente artistico.

Nel 1923 il suo debutto al lungometraggio con titoli che rimangono ancora capisaldi del cinema muto come “La palla n.13”, “Il navigatore”, “Io e la boxe” e “Come vinsi la guerra”. Poi, con l’arrivo del sonoro e delle mani dei grandi studios hollywoodiani, arrivò il lento declino. La sua fisicità e le sue espressioni persero appeal tra il pubblico, che iniziò a considerarle come trovate “già viste”, appartenenti a un cinema del passato.

Abbandonato dalla moglie, Keaton diresse qualche altro film e apparve in quale pellicola come in “Luci della ribalta” di Chaplin in cui interpreta un triste pianista o come giocatore in “Viale del tramonto”. La sua carriera però era ormai finita e nemmeno ritornando ai cortometraggi ritrovò il felling con il pubblico.

Negli anni ’60, il mondo sembrò riscoprirlo: Hollywood si ricordò di lui con un tardivo Oscar alla carriera, con l’Italia che gli consegno un premio alla Mostra del 64 per “Film”, scritto da Samuel Beckett (unica opera cinematografica dello scrittore). Sempre nel Bel Paese recitò in “L’incantevole nemica” di Claudio Gora e “Due marines e un generale” di Luigi Scattini in cui, a fianco di Franco e Ciccio, dice una sola battuta: “Grazie”.

Nonostante il mondo fu ingiusto con lui, non accordandogli il giusto tributo in vita, la stella di Buster Keaton è più splendente che mai, autore di un cinema immortale, sempre moderno, che ancora oggi fa scuola.

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