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Everyday Rebellion, un film sulle proteste non violente

Uscirà l'11 settembre il documentario dei fratelli iraniani Rihai. Occupy Wall Street, Femen, gli Indignados: un affresco ottimista sui movimenti orizzontali.

Everyday Rebellion, un film sulle proteste non violente
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9 Settembre 2014 - 19.31


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“Se devi gareggiare con Tyson è meglio che fai una partita a scacchi”. A dirlo è Srda Popovic, già leader del movimento studentesco Otpor! in Serbia, che ha contribuito ad abbattere il governo Milo?evic. “Mia nonna ottantenne non sarebbe scesa in strada a manifestare, ma ha contribuito accendendo e spegnendo la luce di casa a intermittenza, come altre migliaia di persone”. A Teheran succede la stessa cosa e nella notte la città è un panorama di luci intermittenti. “Everyday Rebellion – L’arte di cambiare il mondo”, dei registi iraniani Arash e Arman Riahi, racconta le creative e pacifiche azioni di protesta di alcuni dei movimenti più importanti degli ultimi anni: Occupy Wall Street, la Primavera araba, gli Indignados spagnoli e le Femen ucraine.

Il documentario, realizzato in tre anni di riprese in giro per il mondo fino alle proteste di Gezi Park in Turchia, uscirà il prossimo 11 settembre contemporaneamente in Italia, Svizzera, Germania e Danimarca. È un racconto dall’interno delle tattiche creative di non-violenza inventate e scambiate fra gli attivisti. Non cerca di spiegare le dinamiche politiche di ciacun paese, ma si concentra sui metodi e sulle connessioni fra i vari movimenti così diversi per stile e contesto.

Ne emerge un affresco molto variegato, a tratti divertente, sempre molto appassionato fino al drammatico processo al tribunale all’Aja, nell’ottobre 2012,alla Repubblica Iraniana con le immagini delle fosse comuni e un intero popolo a portare fiori cantando “L’inverno viene e va, la primavera ci saluta con i suoi fiori, i rossi fiori del sole vengono e la notte ha dovuto fuggire, il vento ha iniziato a piantare alberi, e tra gli alberi puoi vedere le stelle”.

Anziché rispondere alla violenza con la violenza, i nuovi attivisti trovano forme ironiche e pacifiche per reagire, come le palline da ping-pong con su scritti messaggi di ribellione lanciate lungo le scalinate nei pressi della residenza di Bashar Al Assad, che costrinsero le guardie armate a una ridicola rincorsa di palline colorate. “Più di una volta nella storia i pagliacci hanno abbattutoi governi, è il classico Davide contro Golia”, dice un attivista.

Se a New York la preparazione alle manifestazioni erano veri e propri workshop nei parchi, in cui si imparava a muovere il proprio corpo all’unisono con gli altri attivisti e ci si informava sui propri diritti in caso di arresto, nei paesi dove le dittature sono più crudeli le azioni di protesta si fanno più sottili e anonime, ma non meno efficaci: acqua delle fontane tinte di rosso a Damasco, volantini arrotolati in una candela in modo che si srotolino dopo che si è fuggiti, palloncini ripieni di volantini che scoppiano quando si scioglie il ghiacchio che tiene ferma una molletta.

Srja Popovic le chiama “dispersione con tattiche a basso rischio” – meno rischiose della distribuzione in prima persona, che riescono a mobilitare più persone di quelle che rischiano la loro vita per strada, e risultano anche più difficili da sopprimere per il regime: stampare il viso di Neda, attivista uccisa dal regime, sulle banconote, graffiti realizzati di notte, il fumetto dell’ascia della dittatura che taglia un dito della “v” di vittoria, lasciando solo il dito medio.

Inna Shevchenko, leader delle Femen, racconta le minacce di morte ricevute durante gli arresti, ma anche la profonda solidarietà nata con attiviste di diversi paesi. Gli addestramenti nel quartier generale di Parigi sembrano campi militari in una stanza, dove si impara a tenere le gambe larghe e non sorridere. “Noi abbiamo trasformato i nostri corpi nudi in strumenti politici di lotta femminile”, spiega, ma durante una manifestazione la tensione si scioglie nel malcelato sorriso di un poliziotto, come accade a Londra quando i manifestanti vanno ad abbracciare le forze dell’ordine. “Nelle lotte non-violente puoi provare a persuadere le persone a cambiar lato, modificare la loro fedeltà e portarli nel movimento”, spiega Popovic, che con il movimento Canvas realizza veri e propri corsi sulla lotta pacifista.

Il film si concentra sulla fisicità, sullo stare insieme e la solidarietà che ne nasce, in movimenti orizzontali che hanno la propria forza nel trasformare la disperazione in speranza, come le manifestazioni contro gli sfratti in Spagna o l’acquisto e dissoluzione di 15 milioni di dollari di debiti personali di Occupy Wall Street. Si è tanto parlato dell’importanza dei social media nelle primavere arabe, spiega Popovic, ma ciò che vince è il coinvolgimento fisico di ciascuno, altrimenti diventa solo “clickattivismo”.

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