di Giuseppe Costigliola
Chi ha avuto la ventura di vivere gli anni d’oro della televisione non avrà dimenticato un personaggio singolare, impeccabilmente vestito in un’attillata giacca scura, camicia nivea e cravatta dal nodo perfetto, la mascella squadrata, i magnetici occhi neri sormontati da sopracciglia cespugliose, fissi in camera come a frugarti l’anima, capigliatura nera ingalluzzita e bocca appena sbilenca, che con voce suadente introduceva storie affascinanti, inquietanti, perturbanti come mai era avvenuto alla tv. Una figura che, di settimana in settimana, si insinuava nelle case, scivolando morbidamente nelle menti rapite degli spettatori. Quell’uomo si chiamava Rod Serling, e presentava gli episodi di un’immortale serie televisiva, The Twilight Zone (da noi tradotta come Ai confini della realtà), che portò la dimensione del fantastico e dell’ignoto all’attenzione del grande pubblico.
Bene, di recente è stata pubblicata una sua biografia, in forma di graphic novel: Ai confini della realtà. La vita di Rod Serling (pp.168. € 18), a firma del fumettista israeliano Koren Shadmi, uscita per le Edizioni BD, a cui va il merito di aver portato in Italia quest’opera, che non si limita a raccontare la più geniale creazione di Serling (che indagava i lati oscuri dell’essere umano e della realtà, affrontando temi tabù quali il razzismo, l’intolleranza, il totalitarismo, la follia della guerra, l’illusorietà dell’American Dream), ma narra una vita “troppo avventurosa perché qualcuno, prima o poi, non la raccontasse”.
L’elegante volume consta di quattro parti, che seguono piuttosto fedelmente le vicende biografiche. È lo stesso Serling a rievocare la propria storia ad un’affascinante sconosciuta, con l’espediente narrativo del flashback (escludendo però gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza). L’autore si è comunque lasciato un margine creativo, nell’introduzione e nell’epilogo, in ciò attenendosi all’artificio letterario dello switching end, marchio di fabbrica della serie televisiva creata da Serling, dove la visuale e le aspettative dello spettatore vengono ribaltate attraverso un colpo di scena finale – naturalmente non spoileremo, lasciando al lettore tutta la meraviglia di queste pagine.
La prima parte si sofferma sul giovane diciannovenne che, grazie alla tenacia e all’ambizione che lo contraddistinguono, riesce malgrado il fisico minuto ad entrare nel corpo dei paracadutisti e, dopo un duro addestramento, a partire per il fronte: siamo nel 1943, è in corso il Secondo conflitto mondiale, lo scenario è il Pacifico.
Si tratta del capitolo emotivamente più intenso, pieno di dettagli storici, in cui con testo e disegni realistici vengono rappresentati i drammi e gli orrori della guerra, che lasceranno una traccia indelebile nel giovane Serling e saranno fecondo alimento per le sue future sceneggiature.
La seconda parte, narrata con maggiore fluidità e numerosi salti temporali, affronta le successive tappe della sua formazione: l’iscrizione ad una piccola università dell’Ohio, il matrimonio, le prime, utilissime esperienze come sceneggiatore radiofonico, gli esordi nel mondo rampante e in vorticosa crescita della televisione, i lavori occasionali e le difficoltà economiche, la persistente passione per la boxe, con in sottofondo il tema scottante del reinserimento dei reduci, dei loro traumi generazionali, delle qualità lenitive della scrittura. Qui l’approfondimento psicologico lascia spazio alla sequenzialità degli eventi, a scapito forse del contesto e della raffigurazione delle persone che furono vicine a Serling, ma è chiaro che a Shadmi interessa centrare il racconto sulla personalità del suo eroe.
Nelle ultime due parti il passo narrativo si fa ancora più serrato, riflesso formale d’una vita completamente dedita al lavoro, che assume ritmi e tempi logoranti: il trasferimento a Los Angeles e l’ingresso sempre più da protagonista nell’universo delle produzioni televisive, il successo e le battaglie contro la censura e lo strapotere degli sponsor, la determinazione nel dimostrarsi all’altezza di aspettative via via crescenti, le relazioni extraconiugali, il rapporto con il cinema, l’esperienza dell’insegnamento, i problemi di salute che lo condurranno ad una morte prematura.
Il volume si chiude con l’epilogo cui si accennava, ed è corredato da una coinvolgente postfazione dell’autore, che definisce Serling “un amico mai conosciuto”, e da un’utile bibliografia.
Shadmi rappresenta vividamente la personalità, le fragilità più profonde, i lati oscuri di quest’uomo geniale, ripercorrendo, nell’avvincente racconto delle sue vicende, una fetta importante della storia sociale e culturale degli Stati Uniti, in particolare della radio, della televisione e della cultura pop. Le vignette sono puntellate di preziose informazioni, precisi riferimenti storici, personaggi ed eventi epocali: c’è molto da imparare, e con gusto.
Lo stile realistico e pedagogico, venato qua e là di elementi espressionistici, ironici e surreali, è caratterizzato da un tratto pulito e immediato. Le scene, curate nei dettagli, sono per lo più costruite con la tecnica del montaggio cinematografico, alternata alla successione di immagini in pure stile storyboard. Riguardo all’uso del colore, l’autore ha optato per un bianco e nero a predominanza grigia (mescolato qua e là al lilla, che si accompagna alle vignette meno realistiche), evidente richiamo al colore della serie tv che ha reso celebre Serling, e che è in grado di rendere le gradazioni e le sfumature dell’animo del protagonista.
Dunque, dopo aver narrato insieme al giornalista David Kushner la vita di Gary Gygax in Rise of the Dungeon Master, Shadmi ha realizzato un altro graphic novel biografico di grande qualità: una lettura gradevole e proficua per tutti.