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Il mio ricordo di Enzo Tortora, eroe della televisione ma soprattutto eroe civile

Sento il bisogno di ricordarlo oggi perché la Rai si accinge a riesumare la sua grande creatura, Portobello, e lo fa rispettandone lo spirito e l’impianto

Il mio ricordo di Enzo Tortora, eroe della televisione ma soprattutto eroe civile
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Giancarlo Governi Modifica articolo

26 Ottobre 2018 - 16.28


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Con Enzo Tortora ho avuto un rapporto molto intenso prima del suo arresto infame e dopo, quando ritornò nel mondo dello spettacolo libero e trionfante. Un momento che durò meno di un anno purtroppo, stroncato da un tumore che tutti immaginammo di tipo psicosomatico, proprio quando la sua battaglia per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del pubblico ministero stava per essere coronata da successo, e due anni prima che Giuliano Vassalli portasse in porto la riforma del codice di procedura penale, una riforma ispirata e sollecitata dal caso Tortora.

Enzo era un uomo molto intelligente e soprattutto di grande cultura. A casa sua a Via Piatti a Milano troneggiava una ricca libreria di classici della letteratura e della filosofia, che Enzo aveva letto e studiato con rigore. Il suo linguaggio era quasi un miracolo, sia che parlasse di vita quotidiana sia che invece parlasse di cultura alta. Era intellettualmente molto rigoroso e ironico per cui talvolta poteva esplodere in momenti di intolleranza nei confronti delle persone poco serie o che si macchiavano di cialtroneria, per Enzo uno dei peccati più gravi. Per tutti questi motivi molti suoi colleghi lo ritenevano antipatico e lo detestavano. Quando fu arrestato furono pochi a schierarsi dalla parte della sua innocenza. Qualcuno addirittura si lasciò andare a giudizi e a dubbi che poi fu costretto a rimangiarsi. Per saperne di più basta leggere il libro di Vittorio Pezzuto “Applausi e sputi”.

Enzo Tortora era liberale, un partito “signorile” come era signorile lui, che però quando fu arrestato non fu in grado di fare niente per lui. Per difendere Tortora bisognava sporcarsi le mani mettere in piedi una vasta mobilitazione contro la malagiustizia. Servivano i radicali, quelli delle battaglie civili degli anni Settanta e anche degli anni Ottanta. Tortora guidò la sua difesa portata avanti da avvocati straordinari, con la sua grande cultura e anche con la consapevolezza della propria innocenza ma anche conscio di portare avanti per tutti una grande battaglia civile. Ed Enzo ci dette una grande lezione, la dette soprattutto a coloro che si nascondevano dietro un mandato parlamentare. Quando, lui parlamentare europeo, fu condannato, si dimise per andare di nuovo in prigione, novello Socrate.

Andai a trovarlo nel carcere di Bergamo, al quarto mese di prigionia, seguita alla gogna mediatica che diffondeva le sue immagini in manette, in un accanimento vergognoso di cui i media non si pentirono mai. Venne in parlatorio un uomo distrutto che si era rasato i capelli da solo in un gesto autolesionistico. Appena mi vide si mise a gridare “cosa ci fa un galantuomo come me qui… dimmi che cosa ci fa”. Io mi misi a piangere e l’agente di custodia che lo aveva accompagnato piangeva anche lui e lo abbracciava: “non faccia così signor Enzo lo sappiamo tutti che lei è innocente”.

Ritornò libero e definitivamente innocente dopo una lunga battaglia in cui, come disse Pannella, riuscì a trasformarsi “da vittima in vincitore della sua battaglia di libertà contro una giustizia molto peggio che fascista. Oggi, invece, lo si vuole continuare a ricordare come vittima e non come vincitore”. Quando tornò libero volle prendersi la sua rivincita, tornare al suo pubblico di Portobello (il programma di maggiore successo della televisione italiana) soltanto per poter dire la sua storica frase: “Dunque… dove eravamo rimasti?” Ma poi venne da noi di Raidue e ci disse:” Io non posso più continuare con Portobello, la sorte mi ha cambiato, io sono un’altra persona”. Inventò un programma nuovo e veramente diverso e io ebbi l’onore di assisterlo e di collaborare con lui e con sua sorella Anna che aveva inventato Portobello. Il programma si chiamava Giallo E sarebbe passato anch’esso alla storia della televisione se il cancro che lo stava divorando non lo avesse bloccato alla ottava puntata.

Grande Enzo Tortora, un eroe della televisione ma anche un eroe civile!

Sento il bisogno di ricordarlo oggi perché la Rai si accinge a riesumare la sua grande creatura, Portobello, e lo fa rispettandone lo spirito e l’impianto, con tutte le sue rubriche, la sua sigla, la grafica e, ovviamente, il famoso pappagallo, che prima del programma parlava più di un… conduttore televisivo, ma poi in trasmissione si ammutoliva e pronunciò la famosa parola”Portobello” soltanto una volta, sollecitato da Paola Borboni. Prima di ora nessuno aveva “osato” riesumare il mitico Portobello ma ci si era limitati a saccheggiarlo: ogni suo segmento ha figliato altrettanti format che hanno fatto la fortuna di reti e di conduttori. Non manca niente, manca soltanto il conduttore perché la Clerici, una conduttrice navigata, non ha la facilità di eloquio e la grande cultura di Enzo Tortora. Qualcuno dice che Antonella è chiamata a una “mission impossibile” anche perché costretta, dagli assurdi tempi della televisione di oggi, ad allungare la durata del programma oltre le tre ore.
Io aspetto il programma con curiosità e anche senza pregiudizi e farò il tifo per Antonella nella sua missione impossibile, pensando al grande Enzo Tortora.

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