Nadia Toffa racconta il suo malore: sono caduta a faccia avanti e poi l'ambulanza

La conduttrice de le Iene e il suo ricovero in ospedale: grande per la tanta solidarietà che mi ha commossa

Nadia Toffa racconta il suo malore: sono caduta a faccia avanti e poi l'ambulanza
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17 Dicembre 2017 - 10.17


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La sua vicenda è diventata una delle notizie più seguite d’Italia e il suo nome tra i più ricercati su Google.
Ora Nadia Toffa sta bene ed è riuscita a raccontare la sua avventura: “Quella mattina mi sentivo strana, ma del malore non ricordo nulla. Dopo il ricovero di due settimane in ospedale per un improvviso malore, la iena Nadia Toffa racconta per la prima volta quanto le è accaduto a Le Iene Show, in un’esclusiva intervista che a Italia 

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Nadia racconta nei dettagli i momenti prima del malore, che l’ha colpita a Trieste, dove si trovava per un incontro con il segretario di un sindacato.
Mi ricordo benissimo la hall dell’hotel. Ho chiesto di pagare e il taxi per andare in stazione (per tornare a Milano, ndr). A un certo punto sono caduta. L’ultima frase che mi ricordo era quella della ragazza della reception che mi ha detto: ‘Vuoi che ti dia una mano con le valigie, è arrivato il taxi?’. Poi sono caduta di faccia, ho ancora un livido ma sta migliorando. Io non ricordo il malore, ma mi ricordo l’ambulanza. Nella mia vita non l’avevo mai presa. All’inizio ho pensato fosse successo un incidente perché sentivo un’ambulanza, ma dopo un po’ mi sono resa conto che forse sentivo la sirena un po’ troppo vicina. Quindi ho realizzato e mi sono detta: ‘Vuoi vedere che è la mia ambulanza?’. Ho ripreso conoscenza in ambulanza. Poi a un certo punto ho visto Max (autore storico delle Iene) ma erano passate ormai cinque ore, ho avuto un black-out. Lo vedo e gli dico: ‘Ma tu cosa ci fai a Trieste?’. Ero lucida, ma non mi sono resa conto di ciò che stava accadendo, della gravità. Nessuno sapeva cosa avessi. Ad un certo punto, il viaggio in elicottero, che è stato una figata pazzesca. Non l’avevo mai preso e mi piacciono da impazzire queste cose: ho fatto bungee jumping l’elicottero in effetti non l’avevo mai provato. Mi dicono: ‘Si deve andare in elicottero. C’è la bora’. Mi hanno messo le cuffie perché l’elicottero fa molto casino, avevo un microfonino e parlavo con il capitano, ero là a chiacchierare”.
Arrivata in ospedale a Milano “c’era un sacco di gente, io dicevo, ‘Ma cosa ci fate qua?”. “C’è stato poi un momento in cui è arrivata un’infermiera e mi ha detto, ‘È iniziato adesso ‘Tu si’ que vales’ e Maria De Filippi ha iniziato salutandoti e facendoti un grande in bocca al lupo’. Io la guardo e dico: “Ma chi è che gliel’ha detto? Chi ha detto a Maria De Filippi che sono stata male?”. Invece poi mi hanno detto che è successo un putiferio. In ospedale, mi hanno ribaltato come un calzino”.
“È nel nostro mestiere da Iene battersi per tutelare diritti, parlare di salute, problematiche, difendere la gente, quindi andiamo senza paura di nessuno e affrontiamo chiunque. Sono arrivati messaggi anche di politici che ho affrontato in passato. Adesso ci rido – sottolinea Toffa – però ci sono tante persone che si sono preoccupate e me ne rendo conto. Io prendo molto la vita con ironia, se le cose devono succedere è perché devono accadere, e ogni cosa ti insegna qualcosa, però se mi metto nei panni delle persone che si sono preoccupate per me un po’ mi commuovo. I miei genitori si sono preoccupati da morire, tutti voi”.
“Stare in ospedale ti riporta un po’ al succo delle cose. Non è la prima volta che ci vado perché ascolto poco i segnali del mio fisico. Ma ogni volta che ti ricoverano pero’ ti riportano all’essenza delle cose, rivaluti anche la fisicità, le cose basilari. Un’altra cosa che mi ha stupita sono i messaggi ricevuti da parte di politici con cui ho un rapporto ‘conflittuale’. Mi sono molto commossa quando mi hanno detto di città che hanno pregato per me: a Taranto hanno fatto la fiaccolata, Napoli ha pregato per me, mi commuovo e mi ha stupito l’affetto della gente comune, perché secondo me non conta tanto il personaggio, pregavano davvero per me, per le battaglie che portiamo avanti”.

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