American Epic: la più grande storia nascosta americana

Uno straordinario docufilm musicale prodotto da Robert Redford, Jack White e T Bone Burnett.

American Epic: la più grande storia nascosta americana
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Vincenzo Esposito Modifica articolo

14 Maggio 2017 - 11.53


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di Vincenzo Esposito

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La rete americana Pbs e quella britannica Bbc manderanno in onda, in anteprima mondiale televisiva dal 16 maggio, l’ambizioso docufilm prodotto da Robert Redford, Jack White e T Bone Burnett dal titolo American Epic. Si tratta di un documentario (già presentato al Sundance Film Festival 2017) diretto da Bernard MacMahon, suddiviso in quattro parti (tre episodi, più un film interamente musicale intitolato The American Epic Sessions), che ricostruisce in maniera dettagliata e puntuale la nascita e lo sviluppo della musica registrata, quindi della moderna industria del disco. La voce narrante dello stesso Redford ci accompagna in un viaggio epico nei “ruggenti anni Venti”, quando la velocità di registrazione per i fonografi si uniformò sui 78 giri, e, per la prima volta, tutta l’America poté ascoltarsi grazie all’introduzione della registrazione elettrica che rimpiazzò definitivamente quella meccanica e acustica.

Questa miniserie documentaristica per la Tv, che Robert Redford ha definito «la più grande storia nascosta americana», è costata anni di ricerca e lavoro, e ripercorre scrupolosamente l’avventura dei pionieri della musica delle radici: il blues, il gospel, il folk, e quella degli Appalachi, dei Cajun, degli Hawaiani e degli Indiani; tutta la roots music, insomma, senza la quale non si sarebbero sviluppati il jazz, il rock, country, il rhythm & blues, l’hip hop. «Il film vuole essere una lettera d’amore agli Stati Uniti – ha dichiarato il regista – e documenta uno dei grandi momenti di cambiamento nella storia americana, quando le voci dei lavoratori, delle minoranze e delle popolazioni rurali di tutto il paese furono udite per la prima volta».

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American Epic ricrea e descrive il periodo in cui i suoni dell’Africa, dell’Europa, dell’Asia si mischiarono, sui cilindri di cera, con quelli del nuovo mondo; celebra la ricca cultura popolare degli Stati Uniti e l’incessante commistione di generi che l’ha attraversata, lo spirito imprenditoriale di quel popolo e la lotta per libertà di parola, che in quel continente ha sempre visto i cantanti e i musicisti in prima linea. Grazie ai fonografi, gli ultimi divennero i primi e cominciarono a incidere storie che altrove venivano censurate, come quella del leggendario John Hurt: contadino e produttore illegale di whiskey, intrattenitore alle feste da ballo e bluesman inconsapevole. Un uomo del Mississippi ignaro di essere un grande musicista, almeno fino a quando, nel 1928, il produttore Rockwell non lo incoraggiò a suonare e cantare davanti a un microfono i suoi versi di storia vissuta, tanto agghiaccianti quanto autentici: «Ho preso una doppietta e ho aperto la canna; ho messo la ragazza sottoterra. Quel pagliaccio, poi, l’ho fatto a pezzi da capo a piedi; ma sono depresso e ancora non mi basta».

La storia della musica americana – miscuglio di dolore e amore, schiavitù ed emancipazione – è stata un mistero per molti decenni, e per certi versi ancora lo è, perché come dice bene Nick Tosches «è una storia di neri che rubano ai neri, di bianchi che rubano ai bianchi, e degli uni che rubano agli altri; di canzoni colte nell’etere e portate tra i pini e i campi; di antiche brezze che da quei pini e quei campi tornarono a spirare incessantemente tra i ritmi di generazioni». Canzoni e storie che senza quei primi fonografi moderni, e senza l’industria che ci girava intorno, si sarebbero rarefatte o sarebbero sparite per sempre. Alla fine degli anni Venti, invece, durante la Grande depressione, le aziende discografiche mandarono i loro emissari in tutto il paese, alla ricerca di nuove voci, nuovi corpi musicali, nuovi talenti. Nessuno di quegli impianti elettrici è sopravvissuto, ma l’ingegnere del suono di American Epic Nicholas Bergh è riuscito a ricostruirne uno con pezzi e ingranaggi originali, e su quello è stata registrata tutta la musica del film, grazie anche al contributo di grandi musicisti come Willie Nelson, Taj Mahal, Alabama Shakes, Elton John, Duke Erikson, Los Lobos, The Avett Brothers, Beck e naturalmente lo stesso Jack White.

I quattro capitoli audiovisivi di American Epic (The Big Bang; Blood & Soil; Out of the Many, the One; The American Epic Sessions) e il Cd che li accompagna (un box set con oltre 100 canzoni) rappresentano un’opera multimediale straordinaria e definitiva sulla nascita della popular music, e, inoltre, formano un mosaico indispensabile per comprendere la profonda trasformazione culturale avvenuta in quegli anni negli Stati Uniti. Dal 16 maggio, il film sarà disponibile sul mercato anche in formato Dvd e Blu-ray.

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