Raccontare il dolore e la morte è sempre molto difficile. C’è il rischio del sensazionalismo, del pietismo, del moralismo e c’è perfino il rischio del voyeurismo, quando, a volte inconsapevolmente, e altre volte cinicamente, ci si compiace delle tragedie. Per questo il servizio sul bambino siriano di 3 anni annegato, mandato in onda dal Tg2 delle 13:30, firmato da Claudio Valeri è davvero qualcosa che dovrebbe essere insegnato e studiato nelle scuole di giornalismo. Parliamo della narrazione di un fatto terribile che ha commosso il mondo e quindi sobrietà vuole che non si usino troppi aggettivi per sottolineare la grande sensibilità di Valeri. Però non si può che rimanere positivamente colpiti dal garbo e nello stesso tempo dalla profondità, con la quale il bravissimo giornalista della Rai è riuscito in un minuto e mezzo a dare una rappresentazione veramente penetrante del dramma dei profughi.
Parlando dell’immagine straziante Valeri ha detto: “è una foto che testimonia la drammatica e infinita solitudine dei tanti che chiedono asilo” in poche parole il servizio del Tg2 è riuscito a dare una lettura drammaticamente perfetta di quanto sta accadendo e che per tanti, al contrario, è solo la fastidiosa presenza di una massa cui non si vuole riconoscere l’umanità ma che al massimo è solo un problema di ordine pubblico.
Non è la prima volta, a mio modestissimo avviso che Claudio Valeri firma servizi che sono dei piccoli gioielli, ma questa volta -nel dramma- questo minuto e mezzo è stato così pieno di empatia, compartecipazione, etica e saggezza che dovrebbe far parte di un’ideale antologia, semmai qualcuno vorrà un giorno raccontare il dramma dei profughi di questo periodo.
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