Dopo due anni di intensa battaglia legale, il tribunale federale australiano ha confermato la condanna per Channel 7, l’emittente televisiva che secondo i giudici è stata colpevole di “provocare intensa avversione, serio disprezzo e grave dileggio contro una persona o un gruppo” e di aver trasmesso materiale inadeguato. I fatti risalgono al 2012, quando Channel 7 aveva trasmesso il reportage di Paul Raffaele e del suo inviato Tim Noonan sulla tribù indigena dei Suruwaha, che vivono in Brasile.
Nel documentario, i due commentatori si erano lasciati andare a commenti sprezzanti sul modo di vivere di questa popolazioni accusandoli di essere “assassini di bambini”, “reliquie dell’Età della Pietra” e anche “i peggiori violatori dei diritti umani nel mondo”. La messa in onda del programma tv aveva subito indignato il Survival International, ovvero il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, che aveva etichettato l’emittente televisiva australiana come “Tv da baraccone”. Il reportage di quelli che sono stati definiti come due falsi divulgatori scientifici e antropologici, secondo i Suruwaha, conteneva palesi menzogne, con riprese contraffatte ad hoc, per far apparire la popolazione indigena sotto una cattiva luce. Nella vicenda era intervenuto l’ACMA, l’Authority australiana degli organi di stampa che aveva chiesto spiegazioni all’emittente televisiva, che però si è rifiutata di trasmettere la rettifica di Survival International.
I Suruwaha erano già stati presi di mira dagli Jocum, missionari evangelisti fondamentalisti che operano in Brasile, gli che avevano già diffuso in passato la falsa notizia che la tribù praticasse l’infanticidio. E proprio a favore di Jocum si era schierato Channel 7, che raccoglieva fondi sul suo sito internet per i missionari.
Insomma una vicenda torbida a cui finalmente si è giunti alla conclusione con una sentenza storica. Il tribunale federale ha messo la parola fine a tutta la vicenda dando ragione all’AMCA e a Survival International, nonostante Channel 7 aveva più e più volte tentato di ribaltare in appello la sentenza, chiedendo un controllo giurisdizionale più accurato. Ma a nulla è servita la debole difesa dell’emittente televisiva che si è vista sconfitta in tribunale. I Suruwaha hanno così avuto la loro vittoria.
Soddisfazione è stata espressa da Sphen Corry, direttore generale di Survival International: “I popoli indigeni – ha commentato – sono stati accusati di ‘barbarie’ fin dall’arrivo dei primi colonizzatori, che in questo modo pretendevano di giustificare le crudeltà dell’imperialismo. Purtroppo il mito del ‘cattivo selvaggio’ sta tornando, ed è pericoloso ora esattamente come lo era in passato. Oggi non esistono scuse che possano giustificare la presenza nei media di questi pregiudizi estremi”.